Crisi: consumi alimentari al palo nel 2010. Giù pane e pasta, si salva solo l’olio d’oliva

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Secondo la Cia, a tavola si continua a fare economia. Come si evince dai dati Ismea, per risparmiare gli italiani modificano menù quotidiano e abitudini di spesa: non solo si mangiano meno carne e carboidrati, ma si va sempre di più al discount abbandonando le botteghe al dettaglio.

Anche a tavola si tira la cinghia. Non è bastata la flessione dei prezzi alimentari (calati dello 0,5 per cento in un anno) a favorire la ripresa dei consumi domestici: nel 2010 il carrello della spesa ha continuato a svuotarsi, perdendo lo 0,6 per cento a livello tendenziale. E non sono più solo i cibi “superflui” a restare al palo: gli italiani rinunciano a prodotti di prima necessità come pane e pasta, che scendono rispetto al 2009 del 2,7 per cento e dell’1,8 per cento. Un segno che la crisi ancora morde e che, per fronteggiarla, i consumatori sono costretti a cambiare le loro abitudini alimentari. Partendo dalla scelta del canale di vendita: dimenticate le botteghe tradizionali o di quartiere, ora si passa obbligatoriamente per il discount. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, analizzando i dati Ismea sugli acquisti agroalimentari nel 2010.
Tra i prodotti di largo consumo -osserva la Cia- a pagare di più la contrazione della domanda domestica sono stati, oltre a pane e pasta, le carni bovine (meno 4,6 per cento nel confronto con il 2009), i prodotti ittici (meno 2,9 per cento), la frutta e gli agrumi (meno 1,8 per cento) e i vini e gli spumanti (meno 3,4 per cento). Ma se la flessione di bottiglie Doc e Docg è stata lieve (meno 0,2 per cento), lo stesso non si può dire per i vini comuni e Igt (meno 2,1 per cento) e per gli spumanti (meno 19,4 per cento).
La discesa dei prezzi ha invece “salvato” prodotti come l’olio il latte. Nel 2010 infatti -ricorda la Cia- i consumi di olio extravergine d’oliva sono cresciuti del 4,1 per cento annuo (ma a fronte di un calo dei prezzi del 5,6 per cento), mentre quelli di latte fresco e latte a lunga conservazione sono saliti rispettivamente del 2,2 per cento e dello 0,9 per cento (ma con prezzi giù del 3,7 per cento e del 4,9 per cento). Bene anche gli acquisti di carne di pollo, che è aumentata del 2,7 per cento (ma con un netto ridimensionamento dei prezzi pari al meno 5 per cento), ma soprattutto degli ortaggi di quarta gamma (consumi a più 8 per cento con prezzi in calo del 2,7 per cento) e dei sostituti del pane (consumi a più 4,3 per cento e prezzi giù dell’1,1 per cento).
Sul fronte dei canali di vendita -continua la Cia- è continuato il declino del dettaglio tradizionale, che ha perso il 5,7 per cento rispetto al 2009. Anche gli iper e i supermercati hanno lasciato per strada un 1,1 per cento, mentre sono volati discount e liberi servizi, con una crescita rispettivamente dell’1,4 per cento e del 6 per cento. Un segnale che rende evidente la scelta di risparmio delle famiglie, resa ancora più chiara dal fatto che ormai il 30 per cento degli italiani, proprio a causa delle difficoltà economiche, ammette di comprare prodotti di qualità inferiore e di rivolgersi quasi esclusivamente alle “promozioni” commerciali.