Contratti: Cgil, serve scelta politica che guardi alla crescita

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“E arrivato il momento del coraggio delle scelte strategiche, che riaprano lo spiraglio per il futuro del nostro Paese. Per uscire dalla crisi, che non è solo economica, ma anche politica ed istituzionale, è necessario quindi costruire le condizioni per un patto per la crescita, a partire dalle regole sulla contrattazione, la democrazia e la rappresentanza. Abbiamo bisogno di un nuovo modello contrattuale ‘appiccicato’ ad una precisa scelta politica come è successo nel 1993. Tocca a noi quindi avanzare una proposta che parli anche oltre i nostri confini”.

Con queste parole Fabrizio Solari, segretario confederale della Cgil, ha presentato questa mattina, nel corso del comitato Direttivo del sindacato, la proposta della segreteria nazionale della Cgil sulla contrattazione. Una proposta che sarà votata dal Direttivo, riunito per il secondo giorno a Roma in Corso d’Italia.

Solari ha spiegato le linee di base del documento sulla contrattazione dopo aver analizzato l’esito dello sciopero generale del 6 maggio scorso (“Una grande riuscita che ha confermato che è possibile contrastare la crisi in un modo diverso da quello scelto dal governo”, ha affermato il dirigente sindacale) e soprattutto dopo aver inquadrato le attuali difficoltà della Cgil in una situazione che sta rapidamente mutando. “Le trasformazioni e le scelte politiche in corso sono talmente profonde – ha spiegato Solari – che impongono anche alla Cgil un grande sforzo di immaginazione, ma anche di riflessione”.

A proposito per esempio della mancanza di regole certe nella contrattazione, il sindacalista ha ammesso che anche “la Cgil è arrivata solo negli ultimi tempi a riconoscere l’esigenza di dare applicazione all’articolo 39 della Costituzione”.

In generale, per il segretario confederale, è arrivato il momento di “sparigliare le carte” avendo in mente “il futuro del paese come è già successo nella storia della Cgil”. Ci vuole, cioè, “un salto non banale, visto che le scelte che stanno in campo riguardano la radicale trasformazione del sistema della contrattazione”. In campo, ha spiegato Solari, “c’è infatti un vero e proprio scambio tra la contrattazione e la gestione della privatizzazione di parti consistenti del welfare. E in campo, oltre a questo scambio pericoloso, c’è anche la fine dell’obbligatorietà degli accordi condivisi da tutti. Che altro è stato, altrimenti, l’accordo separato del 2009, se non il tentativo di farla finita con la Cgil? Perfino tutta la vicenda Fiat – ha aggiunto – può essere letta con queste lenti: il tentativo di superare una volta per sempre la mediazione delle rappresentanze sociali, un tema che ovviamente riguarda da vicino anche la Confindustria”.

E se queste sono le scelte di fondo che si vorrebbero imporre, non meno preoccupante è lo scenario economico complessivo. “In vista di una riduzione della quota di Pil prodotta dall’Europa nel mondo a vantaggio dei paesi emergenti – ha continuato il sindacalista – sarà inevitabile, da qui al 2015, scaricare i costi di questo riflusso dell’Occidente sul welfare. Si mette in conto una progressiva riduzione dello spazio del welfare pubblico che potrebbe essere sostituito da welfare privato assicurativo e individuale”. Solari conferma dunque che “in questo momento si stanno confrontando due modelli di sindacato. L’unico modo per uscirne è appunto quello di ritrovare un accordo sulle regole, altrimenti il rischio è quello di abbandonare la contrattazione allo stato brado e quindi al rapporto individuale lavoratore-azienda”.

Quale modello dunque si propone? “Un sindacato può fare tante cose ma non può fare a meno di fare contrattazione”, ha detto Solari illustrando le linee del documento della segreteria “legato ad una scelta politica, al raggiungimento di un obiettivo che allo stato attuale è la crescita del paese”. Nella consapevolezza, ha precisato il dirigente sindacale, “che c’è un rapporto diretto tra la crescita e il miglioramento delle condizioni di vita per le fasce che rappresentiamo”.

La proposta della Cgil vuole quindi “provare ad aggredire i nodi della scarsa crescita attraverso un modello che escluda la logica delle deroghe ma che preveda la possibilità di aderire a situazioni diverse, che si adatti cioè a realtà sempre meno omogenee”. Un modo per “riconfermare la centralità e il valore del contratto collettivo nazionale di lavoro rendendolo meno prescrittivo, meno dettagliato ma allo stesso tempo più inclusivo”. Per Solari vanno “ridotti nel numero i contratti nazionali ma questi devono poter rappresentare tutte le forme di lavoro e non solo quelle classiche”. Quindi “rilanciare il secondo livello di contrattazione facendo delle Rsu, e della generalizzazione di queste, non soltanto dei ‘porta bandiera’ ma un soggetto contrattuale vero per rilanciare e rivitalizzare il ruolo che queste svolgono”. Una proposta, ha concluso Solari, che si lega ovviamente “alla risoluzione del problema della rappresentanza e quello spinoso della democrazia”.

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