Non si tratta di salvare la Grecia, ma di salvare la Germania

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La crisi della Grecia, come chi segue questa testata sa bene, è una crisi di gravissime proporzioni. Analizzando il bilancio statale greco la voragine nei conti è di proporzioni abnormi. Ogni anno lo stato ellenico racimola tra tasse e altre voci circa 40 miliardi di euro di entrate ma ne spende quasi 100. Insomma ogni anno lo stato greco crea un buco di 60 miliardi di euro che cerca di farsi poi prestare sui mercati finanziari. Il gioco è riuscito sino a due anni fa.

Basti pensare che il predecessore di Papandreu, Karamanlis ereditò all’inzio del suo mandato un debito pubblico di circa 140 miliardi di euro. Quando lasciò l’incarico il debito era salito a 300 miliardi di euro, in appena 4 anni. E’ovvio che la situazione è drammatica e che nessuno a questo punto vuole dare i soldi ai greci, perché non c’è nessuna ragionevole possibilità di riaverli indietro. Anche perché il debito pubblico ellenico costa sempre di più: ammesso e non concesso che qualcuno dia soldi ad Atena sul libero mercato lo stesso pretende indietro visto l’elevato rischio di insolvenza tassi del 15% circa. Peggiorando così ancora di più la situazione del bilancio statale di Atene.

Ora ci si chiederà perché la Grecia non venga lasciata fallire e abbandonata al suo destino, come successe all’Argentina di qualche anno fa. Perché in primo luogo la Grecia fa parte dell’euro e quindi c’è un danno di reputazione e di immagine enorme se una parte di titoli denominati in euro diventano carta straccia. Ma c’è un’altra ragione, più sottile da spiegare e che chiama in causa uno dei principali azionisti della moneta unica europea, ossia la Germania. Le banche tedesche infatti sono piene zeppe di titoli pubblici greci, per un ammontare di circa 150 miliardi di euro. Se Atene dichiara il default, ossia fallimento, questi titoli devono essere svalutati nei bilanci delle banche che li posseggono. E questo significa che ad essere insolventi a questo punto non sarebbero più solo i poveri cittadini della repubblica ellenica bensì i panzer bancari della economia secondo tutte le statistiche più sana e trainante dell’intera Europa, la Germania appunto.

Ma la Germania che fa? Chiede che a tirar fuori i soldi per Atene (e quindi per le banche tedesche) non siano solo i cittadini tedeschi, insofferenti alle problematiche di un sud Europa scialacquone e irresponsabile, ma gli altri partner europei, incluse le istituzioni finanziarie e bancarie più grandi. Insomma Angela Merkel vuole che a tirar fuori i quattrini per salvare le banche tedesche siano altri e usa l’argomento Grecia come uno spauracchio per ottenere questo risultato. Eppure non gliel’aveva detto certo il medico alle banche tedesche di acquistare a man bassa i titoli del pericolante stato greco. Se lo hanno fatto è perché i rendimenti erano alti e i bilanci così si abbellivano.

Oggi non è più così. E certo l’Italia, lo stato italiano e le banche italiane, che di problemi loro ne hanno a bizzeffe, non possono certo correre in soccorsodi una poco lungimirante politica della prima economia europea. Se i tedeschi sono tanto bravi, se sono sempre i primi della classe come loro dicono e sostengono a questo punto risolvessero loro un problema che hanno, per avidità delle loro banche, concorso a cerare.

di Pietro Colagiovanni