Confcommercio: “Volano” le spese fisse, per i consumi “liberi” resta sempre meno

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Tra il 1970 e il 2010 la quota di consumi assorbita dalle cosiddette spese obbligate (bollette, affitti, servizi bancari e assicurativi, carburanti, eccetera) è quasi raddoppiata, passando dal 23,3% sul totale dei consumi a poco meno del 40%. Nello stesso periodo, la quota di consumi “liberi” delle famiglie – quelli cioè per beni e servizi commercializzabili – si è ridotta passando, nel complesso, dal 76,7% al 61,2% con una forte contrazione per gli alimentari la cui quota si è più che dimezzata (dal 36,1% del 1970 al 15,1% del 2010). E’ quanto emerge da un’analisi effettuata dall’Ufficio Studi Confcommercio su come è cambiata negli ultimi quaranta anni l’incidenza delle spese obbligate sui consumi e sul potere di acquisto delle famiglie. Lo studio è stato presentato nel corso di una conferenza stampa convocata nella sede nazionale della Confederazione. Entrando più nel dettaglio dello studio, si scopre che tra le spese fisse, le maggiori quote, in valore, sono destinate all’abitazione (57,4%) e ad assicurazioni e trasporti (25%). Quanto alle dinamiche dei prezzi, i consumi obbligati hanno mostrato, tra il 1970 e il 2010, un’inflazione mediamente superiore al 60% rispetto a quella delle spese libere. Gli over 65 che vivono da soli destinano ai “consumi di base” – cioè spese fisse più quelle per l’alimentazione domestica – oltre i tre quarti della spesa media mensile. Sul totale dei consumi liberi, le coppie senza figli spendono più di un terzo per i servizi (viaggi, pasti fuori casa, spettacoli, benessere personale, eccetera); per le famiglie numerose con 3 o più figli, invece, quasi i tre quarti delle spese libere se ne vanno per l’acquisto di beni, soprattutto alimentari. Nell’ambito della conferenza stampa, il direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella ha sottolineato che la crisi attuale, almeno fino al luglio scorso, “era una crisi di produzione e reddito, non di consumi”. Ma la caduta della fiducia dei consumatori che si è registrata ad agosto comporta un grave rischio, ovvero “una nuova recessione se le famiglie ridurranno la propensione al consumo”. Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “lo studio ci indica qual è la situazione reale del Paese: bassa crescita, consumi stagnanti, redditi fremi, tassazione alta, aumento delle spese obbligate. E ci dice che sono molti i settori con ampi margini per una maggiore apertura alla concorrenza”.