La riforma della Politica agricola comune (Pac) deve rappresentare l’occasione per una forte legittimazione della spesa verso l’agricoltura risolvendo i problemi strutturali di volatilità dei prezzi e del ridotto potere negoziale lungo la filiera. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini in occasione del primo Summit sulla riforma della Politica Agricola convocato a Roma con il Commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale Dacian Cioloş, il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania, il Presidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro e il relatore del Parlamento europeo sul regolamento orizzontale della Pac Giovanni La Via. Occorre evitare – ha sottolineato Marini – che all’accoppiamento dei prezzi alla produzione che aveva causato una rendita di posizione a valle della filiera si sostituisca una nuova forma di accoppiamento alla superficie che rappresenterebbe una nuova ed incomprensibile rendita fondiaria. Questo è il principio che deve guidare le modifiche alla proposta della Commissione Europea. Il Paese che si è impegnato di piu’ verso un modello agricolo capace di rispondere alle aspettative dei cittadini in termini di sicurezza, qualità, biodiversità, occupati e ricchezza prodotta per ettaro si ritrova paradossalmente – ha sostenuto Marini – ad essere quello piu’ penalizzato.
Bisogna superare nel negoziato – ha precisato Marini – le criticità che riguardano, in particolare, l’insostenibile taglio delle risorse disponibili, l’applicazione del “greening” e la definizione di agricoltore attivo, ma anche le misure per controllare la volatilità dei prezzi agricoli nonché la necessità di rafforzare le organizzazioni dei produttori. La proposta della Commissione – ha denunciato Marini – individua la figura dell’agricoltore attivo al quale destinare le risorse della Politica agricola comune (Pac), in base ai finanziamenti che già prende e non per quello che fa e per come lo fa e cio’ oltre ad essere iniquo è inaccettabile per i cittadini. Per Coldiretti e per l’intera filiera agricola italiana l’agricoltore attivo non può, invece, che essere quello professionale, cioè quello che lavora e vive di agricoltura e che sarebbe spinto all’abbandono dalla riduzione del sostegno. Per questo occorre lasciare gli stati membri liberi di adottare una definizione adeguata. Anche la proposta di destinare il 30 per cento delle risorse al greening (“rinverdimento”) per favorire una maggiore cura dell’ambiente è in realtà da rivedere perché esclude – ha precisato Marini – la maggior parte delle colture virtuose in termini sostenibilità del territorio e di cattura di CO2, ampiamente diffuse nell’agricoltura italiana come olivo, vite e alberi da frutta, che sono la base della dieta mediterranea. In pratica un olivicoltore italiano non prenderebbe i pagamenti “verdi”, mentre i prati della regina d’Inghilterra sì.
La proposta di riforma della politica agricola presentata dalla Commissione Europea taglia le risorse destinate all’Italia per i mercati di ben 1,4 miliardi di euro nel periodo dal 2014 al 2020 e di un ammontare annuo a regime pari a 240 milioni di euro rispetto al 2013 (-6 per cento, secondo l’analisi della Coldiretti). In sostanza – ha concluso la Coldiretti – l’Italia paga da sola quasi un terzo dell’intero ammontare di risorse destinate alla convergenza dei nuovi paesi entrati nell’Unione.