Sì al risarcimento di un danno morale ad hoc per il licenziamento vessatorio
Ristoro per la natura ingiuriosa del provvedimento pari alla metà dell’importo per la lesione psico-fisica
Nella battaglia che da anni lo “Sportello dei Diritti” svolge in favore dei lavoratori, ed in particolare per la lotta contro le vessazioni sul luogo di lavoro, riteniamo doveroso segnalare la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione 30668/11, pubblicata il 30 dicembre, che costituisce un prezioso precedente in materia di diritto al risarcimento del lavoratore illegittimamente licenziato. Così Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
L’importanza della sentenza in commento è data dall’aver sostenuto il principio secondo cui al lavoratore illegittimamente licenziato spetta il risarcimento di un danno morale ad hoc, ulteriore rispetto al ristoro della lesione psicofisica patita, da ritenersi compensativo della natura ingiuriosa del provvedimento espulsivo adottato dal datore. Il tutto senza incorrere nel divieto di duplicazioni imposto in tema di danno non patrimoniale dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite Civili della Cassazione.
I supremi giudici hanno ribadito il concetto secondo nella più recente giurisprudenza di legittimità sono rinvenibili decisioni che nonostante quanto precisato dalle Sezioni Unite con la nota sentenza 26973/08 che ha escluso la possibilità di riconoscere il cosiddetto “danno esistenziale”, nell’ordinamento in realtà avrebbe comunque ragion d’essere questa voce di danno.
Per tali ragioni, non può essere consentita nella liquidazione del danno biologico alcuna limitazione relativa ai danni morale ed esistenziale comprovati nel corso del giudizio.
Nel caso di specie, è stata infatti confermata, la valutazione della Corte d’Appello che ha liquidato il risarcimento del danno non patrimoniale ad un giornalista licenziato, peraltro un volto televisivo noto tra i cronisti sportivi.
La corte di merito ha in primo luogo stabilito il risarcimento relativo alla lesione dell’integrità psico-fisica causata dal licenziamento illegittimo, in virtù dei criteri utilizzati per il calcolo economico dell’invalidità permanente e di quella temporanea, per poi procedere alla determinazione di un diverso ed autonomo pregiudizio in stretta connessione causale con il carattere ingiurioso del licenziamento, e liquidato sulla base della metà dell’importo liquidato per la voce precedente e pari a oltre 22 mila euro, oltre al pagamento delle spese processuali da parte dello stesso datore di lavoro.
Secondo la Suprema Corte il divieto di duplicazione non risulta violato perché la ratio della decisione è volta a statuire una voce di danno che non è connessa alla malattia accertata per il dipendente licenziato.
Giovanni D’Agata