Sanità: quando la politica non vuole sentire

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È a dir poco curioso accorgersi come nel nostro Paese anni di dibattito parlamentare su un disegno di legge a volte non siano sufficienti per migliorarne fattivamente le disposizioni, e quindi per giungere ad una Legge accettabile e generalmente condivisa.
Inoltre, l’indifferenza conclamata di alcuni parlamentari alle osservazioni che durante il dibattito possono giungere dalle Organizzazioni civiche e della cosiddetta “società civile”, contribuisce fortemente a far diminuire il grado di fiducia che i cittadini hanno nei confronti della politica e di chi la incarna.
È ciò che sta accadendo con il Disegno di Legge “Principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche per una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio Sanitario Nazionale”, che dopo quattro anni di lavori parlamentari è giunto per l’ennesima volta ad un nuovo testo unificato (adottato come testo base), che non solo non è migliorativo rispetto alla versione precedente, ma per alcuni versi è anche peggiorativo.
Eppure la nostra Organizzazione, già da aprile 2010, aveva dichiarato apertamente quali fossero le criticità dal punto di vista dei cittadini, predisponendo e inviando alla Commissione Affari Sociali della Camera degli emendamenti al testo. Parte di questi, e in particolare quelli che più apertamente affrontavano il tema politico delle nomine e della valutazione dei Direttori Generali, proponendo la partecipazione delle Organizzazioni civiche in tali procedure, non furono presi in considerazione. Il messaggio è stato molto chiaro: dovete ancora rimanere fuori da queste cose!
Anche l’emendamento precedentemente approvato, che prevedeva l’obbligo per le strutture sanitarie di erogare le prestazioni secondo standard di qualità e sicurezza richiamando formalmente la Carta Europea dei diritti del Malato di Cittadinanzattiva, è stato stralciato dal nuovo testo unificato, che oggettivamente è ancora ben lontano dal rispondere alle aspettative dei cittadini.
Molteplici quindi sono i rilievi.
In particolare, visto anche il momento di crisi delle risorse economiche a disposizione, gli interventi sanitari e sociali alla persona, per essere efficaci, dovrebbero essere realmente integrati. Purtroppo invece constatiamo come il DDL preveda il coinvolgimento dei Comuni da parte delle Regioni solo nella fase della programmazione degli interventi, non anche nella gestione degli stessi. Crediamo che una più fattiva integrazione delle attività tra ASL e Comuni aiuterebbe ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse di entrambi, soprattutto visti i tagli di circa otto miliardi di euro per il 2013 e 2014 al Fondo Sanitario Nazionale e praticamente l’azzeramento di quasi tutti i fondi statali a carattere sociale, con particolare riguardo a quello inerente la non autosufficienza.
Il testo inoltre affida, giustamente, alle Regioni la competenza a definire il modello organizzativo dei servizi, senza però vincolare le stesse alla garanzia dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), i quali, tra l’altro, non sono citati neanche una volta nel testo. Eppure Cittadinanzattiva da anni registra importanti difformità regionali nell’accesso ai “LEA”, con particolare riguardo ad esempio all’assistenza farmaceutica ospedaliera, la riabilitazione, l’assistenza domiciliare…..
Ancora, il DDL che dovrebbe disciplinare il governo delle attività cliniche, del tutto inaspettatamente non contiene neanche una norma in materia di gestione del rischio clinico. Eppure anche la sicurezza delle cure è una delle questioni che maggiormente sono a cuore ai cittadini e che dagli stessi è percepita come uno dei nodi sui quali lavorare intensamente. Prevedere l’obbligatorietà dell’istituzione delle unità di gestione del rischio clinico in ogni struttura sanitaria potrebbe già essere un passo in avanti.
In ultimo, ma non per ordine d’importanza, crediamo fortemente che “l’indice di soddisfazione degli utenti” come uno tra gli strumenti di valutazione dei dirigenti medici e sanitari con incarico di direzione di struttura complessa e dei direttori di dipartimento, previsti dal DDL, debba essere esteso anche alla valutazione dei Direttori Generali. Crediamo che la previsione della partecipazione dei cittadini alla valutazione anche degli stessi Direttori Generali rappresenti un importante atto di “trasparenza” e un contrappeso alla totale discrezionalità della politica in questa materia.
Ora ci aspettiamo un atto concreto da parte della nostra classe politica, partendo già dal recepimento da parte della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati delle nostre proposte.

Tonino Aceti, Responsabile nazionale CnAMC – Cittadinanzattiva