LE GRANDI IMPRESE HANNO INVESTITO NELLA “BOLLA” IMMOBILIARE, POCO NEI MACCHINARI

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Al 31 dicembre 2011, la quota di investimenti nel settore immobiliare è risultata essere superiore di quasi 2 volte e mezza (in valore assoluto pari a 240,35 miliardi di €) rispetto a quella destinata a macchinari e attrezzature varie (106,8 miliardi di €). Tra la fine del 2001 e il dicembre del 2011, gli investimenti in immobili sono aumentati del 91,7%, quelli in macchinari “solo” del 18,5%, mentre l’inflazione, sempre nello stesso periodo di tempo, è aumentata del 24%.

Stiamo parlando degli investimenti delle grandi imprese o meglio dei finanziamenti richiesti dalle grandi aziende alle banche secondo la destinazione economica dell’investimento.

Insomma, secondo la denuncia sollevata dalla CGIA di Mestre, si è privilegiato in larga misura l’investimento di natura “speculativa”, trascurando invece di usare queste risorse per aumentare la produttività e quindi la competitività delle nostre grandi aziende in una fase storica, come quella verificatasi per gran parte dell’ultimo decennio, dove i prestiti bancari venivano elargiti a tassi di interesse favorevolissimi.

Solo dopo l’avvento della crisi la situazione si è capovolta. Tra il 2010 ed il 2011, ad esempio, se gli investimenti immobiliari sono scesi del 2,6%, quelli in macchinari sono aumentati dell’1,4%.

Sempre nella nota della CGIA di Mestre si sottolinea come l’andamento degli investimenti in immobili avvenuti in questo ultimo decennio sia stato condizionato dalle agevolazioni innescate soprattutto con la cosiddetta “Tremonti bis”.

“E’ da augurarsi – commenta Giuseppe Bortolussi, Segretario della CGIA di Mestre – che con le nuove misure che il Governo Monti sta predisponendo a sostegno delle imprese si tenga conto di chi, in una fase economica così difficile, ha continuato a credere nella propria azienda, a differenza di coloro che invece hanno pensato bene di riporre i propri investimenti nel settore immobiliare, abbassando la competitività del nostro sistema produttivo. Certo – conclude Giuseppe Bortolussi – generalizzare è sempre sbagliato, ma questa nostra analisi dimostra come, in questo ultimi dieci anni, le grandi aziende italiane si siano concentrate prevalentemente su attività speculative, invece di investire sul miglioramento dell’organizzazione produttiva che ci avrebbe consentito di recuperare quote importanti di competitività”.