Governo Monti: il “golpe” della grande finanza internazionale

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La condizione economica italiana si sta avvitando su se stessa. La recessione è più grave del previsto (-2,6%) i consumi si contraggono (-3,5%) ma a leggere la stampa e a sentire i telegiornali le cose stanno volgendo per il meglio. Lo spread si è abbassato dopo che il presidente della Bce (l’italiano Draghi) ha detto che comprerà qualsiasi schifezza emessa dagli stati europei pur di mantenere basso lo spread stesso. E se si abbassa lo spread tutto diventa bello. Anche se le famiglie hanno le pezze al sedere le sorti sono magnifiche e progressive. Si giustifica un tale stato di cose o si tratta di una grande messa inscena, di una mistificazione su scala planetaria? Propendiamo per la seconda soluzione. La finanza è importante, le banche sono importanti anche perché oggi sono loro, e non più gli stati nazionali, ad avere il potere reale. Ma il mondo, Italia inclusa, con le banche non produce, non crea valore aggiunto, non genera posti di lavoro e non campa le famiglie. I servizi finanziari nascono come supporto all’attività economia e produttiva reale ma in un mondo impazzito le banche, disponendo di masse sterminate di danaro, hanno distorto il loro ruolo sino a rimpiazzare i governi nella gestione del potere politico. L’Italia ne è un esempio eclatante. Il governo dei tecnici è stato imposto, con la scusa dell’impresentabile Berlusconi, dalla grande finanza internazionale. Monti è un espressione, alquanto grigia in verità del potere finanziario, tanto che qualcuno lo chiama Goldman Monti (il rapporto tra Monti e Goldman Sachs data infatti decenni). Ma in una normale democrazia se Berlusconi non aveva più il consenso del popolo si doveva andare al voto. Berlusconi non è stato però sostituito per problemi di consenso ma perché il suo apparire non piaceva alla grande finanzia mondiale. E la grande finanza reagiva alzando lo spread sui titoli di stato italiano o facendo far fuoco alla propria artiglieria pesante quella delle agenzie di rating. Insomma la volontà democratica del popolo italiano non vale più una cicca e i centri reali del potere politico si sono spostati altrove. Si tratta di un territorio inesplorato e pericoloso, perché la grande finanza internazionale è autoreferenziale, massonica, composta da pochi soggetti che si cooptano anche generazionalmente (il figlio di Monti, Giovanni e il suo curriculum vitae ne è una riprova convincente). La democrazia è a pezzi anche per l’insipienza di una classe dirigente inadeguata, in Italia come altrove (la sfida Romney/Obama in America non la sfida tra due leader planetari di altissimo livello). Ma cedere il potere ad un famelico gruppo di banchieri senza vincoli di elezione, di trasparenza e di responsabilità è una risposta suicida. Una distorsione inaccettabile come se per una strana congerie di eventi il mondo fosse governato solo dai salumieri. Ognuno ha una sua funzione e la finanza ne ha certamente una importante in un sistema equilibrato. Da questo ad esprimere invece un potere politico sovranazionale che vanifica le elezioni nei singoli stati ce ne corre davvero tanto.