La notizia sta circolando in queste ore: l’eventuale abolizione dell’Imu sulla prima casa potrebbe essere “coperta” con l’aumento dell’imposizione sulle attività produttive.
“Se fosse confermata – esordisce il segretario della CGIA di Mestre Giuseppe Bortolussi – tale ipotesi sarebbe drammatica per le casse di milioni di piccole imprese, che sono sempre più a corto di liquidità. Si pensi che nel passaggio da Ici ad Imu, nel 2012 gli imprenditori hanno visto raddoppiare il prelievo sugli immobili”.
Senza contare che nel 2013, con l’aumento di 5 punti del coefficiente moltiplicatore, che salirà da 60 a 65, l’Imu sui capannoni costerà alle imprese circa 270 milioni di euro in più rispetto a quanto pagato nel 2012.
Ma l’arrabbiatura del segretario della CGIA va oltre. “Come sarebbe possibile accettare un ulteriore aumento della tassazione sulle piccole attività, quando il Pil quest’anno registrerà una contrazione del -1,4%, i consumi delle famiglie del -1,6% e la disoccupazione salirà all’ 11,9%? Oggettivamente, non è possibile pensare di uscire da questa situazione di crisi diffusa se si continuano a penalizzare le imprese”.
Dalla CGIA ricordano che gli alberghi sono stati gli immobili a destinazione produttiva a pagare l’Imu più pesante, mediamente 11.429 euro (+4.740 euro rispetto al 2011); a seguire, 7.325 euro la grande distribuzione (+3.020), 5.786 euro i capannoni (+2.385 euro), 3.352 euro i piccoli industriali (+1.376), 1.835 euro gli uffici dei liberi professionisti (+1.030 euro), 894 euro i commercianti (+494 euro) e 700 euro i laboratori artigianali (+338 euro).