La Cassazione assolve un contribuente per gli omessi versamenti all’Agenzia delle Entrate

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La Corte di Cassazione – Sez. Terza Penale – con la sentenza n. 30574 dell’11 luglio 2014 ha assolto un contribuente per le omesse ritenute ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000 per assoluta assenza dell’elemento psicologico del reato. A darne notizia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” che riporta un interessante commento della decisione della Suprema Corte dell’avvocato Maurizio Villani. Evidenzia il noto tributarista, che in sostanza, il ricorrente, a seguito di contestazione dell’Agenzia delle Entrate con cui gli si chiedevano chiarimenti in relazione al modello 770/2005, essendosi accertato il mancato versamento delle ritenute relativo all’anno d’imposta 2004, non appena appresa l’irregolarità aveva provveduto al versamento, comprensivo di sanzioni e di interessi.
Quindi, si sarebbe semplicemente trattato di una dimenticanza non potendo parlarsi di dolo, nemmeno generico, del ricorrente.
Infatti, il ritardo sarebbe dipeso dal fatto che la condotta omissiva contestatagli era stata commessa qualche mese dopo l’entrata in vigore della legge finanziaria 2005, che aveva posticipato il termine per eseguire i versamenti fino al termine per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, comminando una sanzione penale.
Quindi, è plausibile, in applicazione dell’art. 5 del codice penale, stante il breve periodo temporale intercorso tra l’entrata in vigore della predetta legge ed il tempus commissi delicti, che il ricorrente non fosse ancora a conoscenza delle innovazioni legislative o che non si fosse tempestivamente informato dal suo consulente fiscale, non commettendo con dolo il fatto ascrittogli.
La Cassazione, con la succitata sentenza, ha ribadito che per il reato di omesso versamento delle ritenute di cui all’art. 10-bis citato l’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, che richiede la mera consapevolezza della condotta omissiva (Sez. 3, n. 25875 del 26/05/2010, depositata il 07/07/2010).
Non si tratta, tuttavia, di un dolo in “re ipsa”, in quanto lo stesso deve essere sempre provato e, quando di tale prova manca un’adeguata e logica motivazione, il contribuente deve essere mandato assolto.
Questi principi sono importanti per contestare le relative imputazioni di reato.