L’Antitrust boccia le chiusure festive delle attività commerciali: anche quelle obbligatorie

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Libertà di impresa o salvaguardia dei diritti dei lavoratori al riposo festivo? L’autorità Antitrust, cioè l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha bocciato la proposta di legge Senaldi perché “viola la concorrenza e pone limiti all’esercizio di attività economiche in contrasto con l’articolo 31 del decreto salva Italia”.Va subito detto che la “proposta di legge” in parola in buona sostanza prevede nuovamente l’attribuzione di poteri in materia di commercio a comuni e regioni, nonché l’obbligo di dodici chiusure annuali dei negozi. Si tratta, in sostanza, di specie di controriforma del “Salva Italia” con il quale l’allora Presidente del Consiglio Monti aveva inteso “liberalizzare il settore del commercio” lasciando a ciascuna impresa la libertà di fare le proprie scelte. Secondo il garante la proposta di “ritorno alle chiusure” pone dei limiti all’esercizio delle attività economiche e, di conseguenza, viola il principio della libera concorrenza cercando di “reintrodurre dei limiti” che, invece, il legislatore nazionale aveva abolito proprio per dare attuazione al “diritto comunitario”. E’ pur vero – a nostro avviso – che il tentativo di “togliere la libertà di impresa” potrebbe significare un calo sostanzioso dei consumi, con conseguente diminuzione della produzione dei beni e dei servizi; alcuni sostengono che potrebbe comportare anche una riduzione dell’occupazione, ma, verosimilmente, ciò non corrisponde a verità in quanto, soprattutto nella grande distribuzione, il numero degli addetti è lo stesso per coprire anche i “turni festivi”: il paventato calo della “distribuzione dei salari” resta tutta da verificare….(chi dà certezze, oggi, che quanti lavorano di domenica o altri festivi percepiscono paghe orarie maggiorate e fruiscono realmente di riposi settimanali in altre giornate?). Noi, per la realtà in cui operiamo, cioè una regione di poco più di trecentomila abitanti (peraltro a rischio “chiusura” !!!) ci sentiamo di stare più dalla parte dei “piccoli esercizi” (quelli di vicinato) che, soprattutto nei piccoli paesi, possono benissimo osservare le “chiusure” nelle feste comandate, non solo per “rinfrancare il corpo” ma anche per dare “serenità allo spirito” (come suggerito anche da Papa Francesco nella sua recente visita in Molise); tutto questo anche in relazione al fatto che nei due anni di applicazione della norma sulla “liberalizzazione” (con esercizi aperti sete giorni su sette) il bilancio tra le “aperture” e le “chiusure”, per le attività a posto fisso, è fortemente negativo per oltre cinquantaseimila attività, di cui oltre seimilacinquecento nel solo comprato alimentare. Sta di fatto che il “testo” della proposta di legge (che già viene “condannato”!!!!) non prevede un “ritocco” degli orari di apertura e chiusura, né le “chiusure” in tutte le domeniche, ma vi sarebbe solo l’obbligo di “tenere abbassate le saracinesche” per almeno 12 giorni l’anno. Pare, in conclusione, che sia in corso una mediazione fra le posizioni dei diversi partiti politici anche perché, in questa materia la competenza è nazionale (e non europea, come qualcuno ha tentato di far credere) e l’Italia ha, allo stato attuale, il maggior grado di “liberalizzazione”, come a dire: “stringiamo almeno un poco”.. soprattutto per evitare che tutte le domeniche, (in particolare modo con il cattivo tempo) la gente passi il suo tempo “nei centri commerciali” (per risparmiare il riscaldamento a casa!!!! e non già per spendere soldi) e si riappropri degli svaghi, delle funzioni religiose, di una gita familiare, della visione di un film al cinema, ecc., … insomma che si “torni” a vivere, anche se semplicemente con “incontri in piazza” tra operatori del commercio e cittadini comuni.
Luigi Zappone Presidente Confimpresa