Corte UE: “Gli spostamenti effettuati dai lavoratori senza luogo di lavoro fisso o abituale costituiscono orario di lavoro”

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Una direttiva dell’Unione1 definisce l’orario di lavoro come qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali. Le società Tyco Integrated Security e Tyco Integrated Fire & Security Corporation Servicios (in prosieguo: la «Tyco») svolgono, nella maggior parte delle province spagnole, attività di installazione e manutenzione di sistemi di sicurezza antifurto. Nel 2011, la Tyco ha chiuso i suoi uffici regionali ed ha assegnato tutti i suoi dipendenti all’ufficio centrale di Madrid (Spagna).I tecnici dipendenti della Tyco si occupano dell’installazione e della manutenzione degli impianti di sicurezza nelle abitazioni e nei locali industriali e commerciali siti nella zona territoriale di loro competenza, sebbene non abbiano un luogo di lavoro fisso. Tale zona può comprendere tutta una provincia o parte di essa o, talvolta, addirittura più province. I lavoratori dispongono ciascuno di un veicolo di servizio per spostarsi quotidianamente dal loro domicilio verso i diversi luoghi di lavoro e per ritornare al loro domicilio alla fine della giornata. La distanza tra il domicilio dei lavoratori ed i luoghi dove essi devono effettuare un intervento può variare considerevolmente e, a volte, superare i 100 chilometri e durare sino a tre ore. Per l’espletamento delle loro mansioni, i lavoratori dispongono ciascuno di un telefono cellulare che consente loro di comunicare a distanza con l’ufficio centrale di Madrid. Alla vigilia della loro giornata di lavoro, i lavoratori ricevono una tabella di viaggio che elenca i vari luoghi nei quali dovranno recarsi nel corso della giornata, nell’ambito della loro zona territoriale, e gli orari degli appuntamenti con i clienti.La Tyco considera il tempo di spostamento «domicilio-clienti» (ossia gli spostamenti quotidiani tra il domicilio dei lavoratori ed i luoghi in cui si trovano il primo e l’ultimo cliente indicati dalla Tyco) non come orario di lavoro, ma come periodo di riposo. La Tyco calcola la durata quotidiana del lavoro conteggiando il tempo trascorso tra l’ora di arrivo dei suoi dipendenti sul luogo in cui si trova il primo cliente e l’ora in cui i dipendenti partono dal luogo in cui si trova l’ultimo cliente; sono pertanto presi in considerazione unicamente i tempi degli interventi nei luoghi ed i tempi degli spostamenti intermedi tra ogni cliente.

Prima della chiusura degli uffici regionali, la Tyco conteggiava tuttavia l’orario di lavoro quotidiano dei dipendenti a partire dall’ora di arrivo nell’ufficio (quando i dipendenti prendevano possesso del veicolo messo a loro disposizione, dell’elenco dei clienti da cui recarsi e della tabella di viaggio), sino all’ora del loro rientro, la sera, nell’ufficio (quando i dipendenti vi lasciavano il veicolo).L’Audiencia Nacional (Corte nazionale, Spagna), adita nel procedimento principale, chiede se il tempo che i lavoratori impiegano per spostarsi ad inizio ed a fine giornata debba essere considerato come orario di lavoro ai sensi della direttiva.1 Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9). Con la sentenza pronunciata in data odierna, osserva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,  la Corte di giustizia dichiara che, nel caso in cui dei lavoratori, come quelli nella situazione in oggetto, non abbiano un luogo di lavoro fisso o abituale, il tempo di spostamento che tali lavoratori impiegano per gli spostamenti quotidiani tra il loro domicilio ed i luoghi in cui si trovano il primo e l’ultimo cliente indicati dal loro datore di lavoro costituisce orario di lavoro ai sensi della direttiva.

La Corte ritiene che i lavoratori che si trovano in tale situazione stiano esercitando le loro attività o le loro funzioni durante l’intera durata di tali spostamenti. Gli spostamenti dei lavoratori verso i clienti indicati dal loro datore di lavoro costituiscono lo strumento necessario per l’esecuzione delle loro prestazioni tecniche nel luogo in cui si trovano tali clienti. Diversamente ragionando, la Tyco, potrebbe rivendicare che solo il tempo impiegato nell’esercizio dell’attività di installazione e manutenzione dei sistemi di sicurezza rientri nella nozione di orario di lavoro, il che avrebbe l’effetto di snaturare tale nozione e compromettere l’obiettivo di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Il fatto che gli spostamenti compiuti dai lavoratori, all’inizio ed alla fine della giornata, verso i clienti o in provenienza da questi, fossero considerati dalla Tyco come orario di lavoro prima dell’eliminazione degli uffici regionali dimostra peraltro che il compito di guidare un veicolo da un ufficio regionale verso il primo cliente e dall’ultimo cliente allo stesso ufficio regionale faceva precedentemente parte delle funzioni e delle attività di tali lavoratori. Ebbene, la natura di tali spostamenti non è mutata in seguito all’eliminazione degli uffici regionali. Solo il punto di partenza di tali spostamenti è stato modificato. La Corte ritiene che i lavoratori siano a disposizione del datore di lavoro durante i tempi di spostamento. Infatti, durante tali spostamenti, i lavoratori sono sottoposti alle direttive del loro datore di lavoro, che può modificare l’ordine dei clienti oppure annullare o aggiungere un appuntamento. Durante il tempo di spostamento necessario – tempo il più delle volte incomprimibile – i lavoratori non hanno pertanto la possibilità di disporne liberamente e di dedicarsi ai loro interessi. La Corte considera inoltre che i lavoratori siano al lavoro durante gli spostamenti. Se un lavoratore che non ha più un luogo di lavoro fisso esercita le sue funzioni durante lo spostamento che effettua verso un cliente od in provenienza da questo, egli deve essere considerato come al lavoro anche durante tale tragitto.

Infatti, poiché gli spostamenti sono intrinseci alla qualità di un siffatto lavoratore, il luogo di lavoro di quest’ultimo non può essere ridotto ai luoghi del suo intervento fisico presso i clienti del datore di lavoro. La circostanza che i lavoratori comincino e terminino i tragitti presso il loro domicilio è una conseguenza diretta della decisione del loro datore di lavoro di eliminare gli uffici regionali e non della volontà dei lavoratori stessi. Costringerli a farsi carico della scelta del loro datore di lavoro sarebbe contrario all’obiettivo di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori perseguito dalla direttiva, nel quale rientra la necessità di garantire ai lavoratori un periodo minimo di riposo.

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