La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza nella quale asserisce che rubare è sempre rubare, anche se spinti dalla fame e dalla povertà visto che alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale o per esempio la Caritas.
Con questa motivazione i giudici della Cassazione hanno respinto il ricorso di una donna straniera, senza permesso di soggiorno e senza fissa dimora, che era stata condannata dalla corte d’appello di Torino a due mesi di carcere e 400 euro di multa per tentato furto. Il 30 settembre 2014 aveva preso sei pezzi di parmigiano da un centro commerciale dal valore di 82 euro. La donna, arrivata alla cassa, aveva messo sul nastro una bottiglia di acqua, una birra e un succo di frutta ma gli addetti alla vigilanza l’avevano vista davanti al banco frigo mettere i pezzi di formaggio in una borsa, non prima di aver tolto le placche antitaccheggio.Lei aveva ammesso “di avere rubato il formaggio per poterlo rivendere e guadagnare denaro per affrontare le esigenze di vita”.Per questo l’avvocato aveva provato a sostenere nei tre gradi di giudizio che la situazione di indigenza potesse rientrare nella condizione prevista nel codice penale all’articolo 54, dove si afferma che:”non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità”.
La corte di cassazione ha respinto questa impostazione, come già avevano fatto i giudici del tribunale di Torino e della corte d’appello, per quanto una precedente sentenza sempre della Cassazione di un anno fa avesse invece assolto un chochard per aver rubato due porzioni di formaggio e una confezione di wurstel del valore complessivo di 4 euro spinto da una fame impellente,anche in quel caso, l’uomo “avrebbe potuto soddisfare i propri bisogni alimentari immediati rivolgendosi ad esempio alla Caritas”. E comunque, si precisa, “non sfugge la differenza con questo caso”. Sarà anche per i precedenti della donna, che era stata denunciata 13 volte per furto.
Alfredo Magnifico