È la conclusione contenuta nella sentenza pronunziata nell’ambito dei procedimenti riuniti C-536/08 e 539/08
Il soggetto passivo non ha il diritto di detrarre immediatamente l’imposta sul valore aggiunto che grava a monte su un acquisto intracomunitario. A questa conclusione sono pervenuti di recente gli eurogiudici (sentenza 22 aprile, procedimenti riuniti C-536/08 e C-539/08) interpretando, in materia di Iva e diritto a detrazione, gli articoli 17, nn. 2 e 3, e 28 ter, parte A, n. 2, della sesta direttiva Iva.
L’origine della controversia
La controversia che ha portato all’odierna pronuncia dei giudici europei è insorta tra due società olandesi attive nella commercializzazione di computer e parti di computer e l’amministrazione fiscale del medesimo paese, in merito ad avvisi di rettifica Iva, posti in essere dalla seconda ai danni delle prime. Entrambe le società acquistavano beni relativi alla propria attività presso altre imprese ubicate al di fuori dei Paesi Bassi e li rivendevano in altri Stati membri, diversi da quello in cui avvenivano gli acquisti. Per una di queste società, in particolare, (che acquistava beni da imprese aventi sede in Germania ed in Italia, e li rivendeva ad acquirenti stabiliti in Grecia) i fornitori non contabilizzavano l’Iva sulle fatture, riportando il numero di identificazione Iva olandese della società. E quest’ultima neppure contabilizzava l’Iva sulle fatture indirizzate agli acquirenti, riportando il numero di identificazione greco che gli acquirenti avevano comunicato. Nella sua dichiarazione presentata in Olanda, poi, l’impresa menzionava l’Iva dovuta sugli acquisti intracomunitari portandola in detrazione, considerando anche le forniture agli acquirenti come cessioni intracomunitarie (articoli 37 della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari e 22, n. 6, lett. b), ultimo comma, della sesta direttiva Iva, e menzionando il numero di identificazione Iva greco degli acquirenti o dei loro rappresentanti fiscali. Tuttavia né i rappresentanti fiscali né gli acquirenti stessi, nell’ambito degli acquisti, producevano dichiarazioni di acquisti intracomunitari, non dichiaravano le cessioni intracomunitarie e non depositavano un elenco ricapitolativo.
La posizione del fisco olandese
Il fisco dei Paesi Bassi, ritenendo che la società avesse effettuato acquisti intracomunitari e che non avesse il diritto di detrarre l’Iva, emetteva gli avvisi di rettifica che hanno portato la questione al vaglio della Corte europea. I giudici olandesi, hanno sospeso il giudizio pendente per domandare ai giudici sovranazionali se l’acquirente benefici, (articolo 17, nn. 2 e 3, della sesta direttiva) di un diritto a detrazione immediata Iva che ha gravato a monte su un acquisto intracomunitario, nell’ipotesi di cui all’articolo 28 ter, parte A, n. 2, primo comma, della direttiva.
La normativa nazionale
L’articolo 15 della legge olandese del 28 giugno 1968, relativa alla tassazione Iva, prevede che l’imposta che l’operatore può detrarre è l’imposta dovuta, nel periodo della dichiarazione, in occasione di acquisti intracomunitari effettuati dall’operatore nei limiti in cui tale operatore sia in possesso di una fattura emessa a norma di legge. Il luogo di acquisto intracomunitario di beni è il luogo di arrivo della spedizione o del trasporto. L’acquisto intracomunitario è effettuato nello Stato membro che ha concesso il numero di identificazione Iva con cui l’acquisto è stato effettuato. L’articolo 30, n. 1, della legge prevede infine che su richiesta del soggetto passivo, viene concesso il rimborso dell’imposta dovuta in occasione dell’acquisto intracomunitario di beni, nei casi in cui l’imposta è stata prelevata in applicazione dell’articolo 17 b, n. 2, e quando l’interessato dimostri che, in occasione dell’ acquisto, l’imposta è stata prelevata nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto.
La pronuncia della Corte
Gli eurogiudici hanno ricordato che il diritto a detrazione dell’Iva rappresenta un principio fondamentale che, almeno in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. L’articolo 28 ter, parte A, della sesta direttiva, che si inserisce nel regime transitorio di tassazione degli scambi tra gli Stati membri previsti dal titolo XVI bis della stessa direttiva, regola, come visto anche in precedenza, la localizzazione degli acquisti intracomunitari, avendo come suo fine quello di trasferire il gettito fiscale allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti. In merito, la Corte ha rilevato che la direttiva 92/111 ha introdotto all’articolo 28 ter, parte A, n. 2, della sesta direttiva un ultimo comma. In base a questa disposizione se l’acquirente dimostra di aver effettuato l’acquisto intracomunitario per le necessità di una fornitura effettuata all’interno dello Stato membro di cui al n. 1 di tale articolo, per la quale il destinatario è stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’art. 28 quater, parte E, n. 3, e se tale acquirente ha soddisfatto gli obblighi di dichiarazione previsti, si ritiene che l’acquisto intracomunitario sia stato assoggettato a Iva secondo la regola generale enunciata dall’articolo 28 ter, n. 1. L’articolo 28 ter, parte A, n. 2, garantisce l’assoggettamento a imposta dell’acquisto intracomunitario ed evita la doppia imposizione per l’acquisto.
L’accertamento degli acquisti intracomunitari
Attualmente non è vigente un sistema di scambio di informazioni tra le Amministrazioni finanziarie degli Stati membri che permetta, nel caso in cui un soggetto passivo non sia in grado di fornire le prove necessarie, di accertare se gli acquisti intracomunitari siano stati effettivamente assoggettati a Iva nello Stato membro di arrivo della spedizione. Se le condizioni (art. 28 quater, parte E, n. 3) sono soddisfatte, ciascuno Stato membro ha l’obbligo di adottare misure specifiche per non assoggettare a Iva gli acquisti intracomunitari di beni effettuati (articolo 28 ter, parte A, n. 1) all’interno del suo territorio.
Il nocciolo della questione
Può essere concesso al soggetto passivo un diritto a detrazione immediata nel caso in cui, non avendo comprovato l’imposizione a Iva dell’acquisto intracomunitario nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto, è assoggettato a imposta nello Stato membro di identificazione? È l’interrogativo a cui hanno risposto i giuduici europei. Secondo la Corte i beni tassati a titolo di acquisti intracomunitari effettuati nello Stato membro di identificazione non sono stati effettivamente introdotti in detto Stato membro. E in tali condizioni non si può considerare che le operazioni diano diritto alla detrazione (articolo 17 della sesta direttiva). Di conseguenza tali acquisti intracomunitari non possono fruire del regime generale di detrazione previsto dal detto articolo. Il regime generale di detrazione dell’imposta, previsto dall’articolo 17 della sesta direttiva, non si sostituisce, in una situazione come quella della causa, al regime specifico previsto all’articolo 28 ter, parte A, n. 2, secondo comma, e basato su un meccanismo di riduzione della base imponibile che consente di correggere la doppia imposizione. Concedere un diritto a detrazione in una siffatta ipotesi rischierebbe di vanificare l’effetto utile (articolo 28 ter, parte A, n. 2, secondo e terzo comma) dato che il soggetto passivo, che ha beneficiato del diritto alla detrazione nello Stato membro di identificazione, non sarebbe più incentivato a comprovare la tassazione dell’acquisto intracomunitario nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto.
Mauro Di Biasi