Il Convegno organizzato da Cisl e Ial nazionale, “La formazione continua per il lavoro e la competitività” ha fatto emergere nuovi interrogativi sul ruolo dei Fondi interprofessionali e della formazione in rapporto al mercato del lavoro del prossimo futuro.
L’impulso dato dai Fondi alla formazione continua è notevole, in particolare per le Pmi. Il Fapi segnala una costante crescita dei lavoratori coinvolti, a quota 526 mila, con 112 milioni impiegati dal 2004. A For.te sono iscritti 1 milione e 200 mila lavoratori, occupati in imprese che per il 97% sono sotto le 50 unità. Fondartigianato coinvolge 670 mila lavoratori, di aziende che per l’80% sono tra 1 e 9 dipendenti. Fondimpresa conta oltre 67.000 imprese aderenti, il 48% al di sotto dei 10 dipendenti, con più di 3.200.000 occupati, e 720.000 lavoratori formati in 3 anni. E’ rilievo comune la necessità di snellire le procedure dei Fondi, eliminando il tratto di natura pubblica delle risorse che assoggetta le attività ai vincoli comunitari. Come, è da vedere. Le parti sociali chiedono una modifica normativa, il ministro del Lavoro rimanda la materia alla contrattazione.
In questo contesto l’accordo del 17 febbraio sulle linee guida per la formazione nel 2010 chiama i Fondi a giocare un ruolo più incisivo nelle politiche attive del lavoro. Per Giorgio Santini, Cisl, l’Intesa ha creato le premesse, sta ora alle parti sociali gestirne l’attuazione, affrontando problemi quali la natura delle risorse, la mancanza di pro-attività, la necessità di una maggior presenza del fattore formazione nella contrattazione di secondo livello.
Fondimpresa è pronta a fare la propria parte come Fondo, come attesta l’emanazione dell’Avviso per la formazione dei lavoratori in mobilità a due settimane dalla firma dell’Intesa, ma, precisa il direttore generale, Michele Lignola, occorre ribadire con chiarezza il perimetro operativo dei Fondi. “Le risorse che i Fondi devono amministrare sono destinate dal legislatore esclusivamente al finanziamento della formazione. La grave crisi in atto ha determinato la necessità di un intervento di carattere straordinario, condiviso fra Governo, Regioni e Parti Sociali, che per il nostro Fondo significa finanziare la formazione dei lavoratori collocati in mobilità da aziende ad esso aderenti. Quelle risorse non possono essere adoperate, certo, per fini diversi dalla formazione, come il sostegno al reddito dei lavoratori in difficoltà, a cui deve provvedere lo Stato con risorse della fiscalità generale.” C’è chi vede, come Silvano Scaiola (Foncoop) la difficoltà del fare formazione mirata al reinserimento dei disoccupati nel circuito occupazionale se l’attività di ogni Fondo rimane separata dagli altri. La crisi, insomma, pone il sistema dei Fondi davanti allo specchio. Non si tratta solo di affrontare un’emergenza ma di cogliere l’occasione per immaginare il dopo. La proposta della Cisl è di costruire politiche attive del lavoro centrate sulla formazione come risorsa attivante della rete di sussidiarietà per il lavoro, che occorre creare e rafforzare nel territorio. L’idea del ministro Sacconi è “una bilateralità capace di integrare formazione e ammortizzatori sociali”. L’idea di Giorgio Santini è che la formazione continua sia “sempre finalizzata all’occupabilità”, e “una bilateralità pallida e d’ufficio non basta a vincere questa sfida”. Sul fatto che la bilateralità vada rafforzata e abbia ricevuto, dall’Intesa del 17 febbraio, un potente impulso in questo senso tutti i rappresentanti delle Associazioni datoriali, da Confapi a Confcommercio, da Cna ad Abi, sono d’accordo. Ma con un confine ben preciso sul ruolo dei Fondi. Il salto di qualità che le parti sociali fecero nel 1998 portando alla costituzione dei Fondi non va vanificato. “Dobbiamo essere strenui difensori dei Fondi, della loro natura e della loro missione – afferma Giorgio Usai, Confindustria – E’ una forma di bilateralità che funziona molto bene e non c’è alcun motivo per trasformarla in un fondo di sostegno al reddito. Gestire risorse per finanziare la formazione è già un impegno di grande rilievo e che, come abbiamo dimostrato in questa fase di grave crisi, abbiamo tempestivamente orientato anche a favore delle persone a rischio occupazione come i lavoratori cassintegrati o che abbiano già perso il lavoro, proprio per accelerare il loro reimpiego.”
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