Corte dei conti: relazione 2010 sul costo del lavoro pubblico

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Il 4 maggio 2010 la Corte dei conti ha trasmesso ai Presidenti della Camera e del Senato la relazione 2010 sul costo del lavoro pubblico, prevista dall’art. 60 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (approvata con delibera delle Sezioni riunite n. 12/CONTR/CL/10 del 3 maggio 2010).
Sulla base dei dati contenuti nel conto annuale pubblicato dalla Ragioneria generale dello Stato, riferiti al 31 dicembre 2008, la relazione tratta della consistenza del personale delle pubbliche amministrazioni e della spesa sostenuta per le diverse categorie di dipendenti.
In un quadro istituzionale che vede sempre più valorizzato il rapporto di collaborazione fra la Corte dei conti, organo dello Stato-comunità, e il Parlamento nazionale in materia di coordinamento della finanza pubblica, la relazione sul costo del lavoro assume particolare rilievo, per l’aspetto quantitativo di una voce di spesa stimata per il 2010 in una percentuale pari all’11,2% del prodotto interno lordo.
Al 31 dicembre 2008 i dipendenti delle pubbliche amministrazioni ammontano complessivamente a poco meno di 3.599.000 (tale numero comprende tutti i dipendenti delle amministrazioni indicate nell’art. 1, comma 2, del citato d.lgs. n. 165 del 2001 statali e non statali, compreso il personale in regime di diritto pubblico e quello in servizio presso le autorità indipendenti, con contratto di lavoro a tempo indeterminato e determinato, compresi i lavoratori interinali, i lavoratori socialmente utili e le persone assunte con contratto di formazione e lavoro).
Le norme in materia di contenimento delle assunzioni hanno determinato, nel triennio 2006-2008 una flessione, seppure contenuta, del numero complessivo dei dipendenti (-1,3%).
Tale flessione si è concentrata nell’ambito del personale statale (in particolare ministeri ed agenzie fiscali), maggiormente inciso dalle politiche di razionalizzazione e di contenimento delle assunzioni. Nella scuola la diminuzione registrata si concentra nel personale a tempo determinato, mentre continua a crescere il numero dei docenti di ruolo e dei dirigenti scolastici.
La consistenza del personale non statale risulta, viceversa, sostanzialmente stabile. La flessione del personale degli enti pubblici non economici e del personale dirigenziale delle Regioni e delle autonomie locali risulta compensata da una crescita del personale non dirigenziale del SSN e da un più significativo incremento dei ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca e del personale docente e non docente delle università.
Quanto ai Corpi di polizia, nonostante la possibilità di effettuare assunzioni in deroga ai limiti previsti per la generalità del personale pubblico, il personale è diminuito nel 2008, rispetto al 2006, di circa 6.000 unità. Ulteriori assunzioni pari a complessive 2.578 unità, sono autorizzate con riferimento al 2009.
Per le Forze armate la diminuzione ha riguardato esclusivamente le posizioni dirigenziali, a fronte di un seppur moderato incremento del restante personale.
L’analisi delle diverse tipologie di rapporto di lavoro evidenzia, rispetto al 2006, una diminuzione di circa l’1% del personale a tempo indeterminato. Più consistente la riduzione del ricorso a forme di lavoro flessibili, ampiamente utilizzate negli anni precedenti al 2008.
Il raffronto con il 2007 mette in luce un andamento in controtendenza, con una sia pur modesta crescita (che peraltro raggiunge nei comparti ricerca e università percentuali significative), dovuta alle norme contenute nella legge finanziaria per il 2007 che hanno attenuato le misure di contenimento delle assunzioni, destinando nuove risorse all’attuazione di piani triennali per la progressiva stabilizzazione di personale precario.
Alla limitata contrazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni fa, peraltro, riscontro una crescita del “costo del personale” (+2,8% rispetto al 2006 e +7% rispetto al 2007), con maggiore incidenza nel settore statale.
La relazione della Corte dedica ampio spazio alla ricostruzione delle politiche di personale ed agli andamenti della contrattazione nazionale ed integrativa.
Dal documento emergono i limitati effetti delle misure relative al contenimento delle assunzioni e degli organici, antecedenti l’emanazione del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del medesimo anno.
La contrattazione collettiva nazionale, osserva la Corte, fino a tutto il biennio 2006-2007 non è riuscita a mantenere la crescita delle retribuzioni nei limiti previsti dall’accordo di luglio 1993 sulla politica dei redditi. In tale periodo è risultato evidente il divario tra gli incrementi contrattuali e la dinamica del fenomeno inflattivo, in esito ad una prassi distorsiva dettagliatamente ricostruita ed analizzata.
La sessione negoziale relativa al biennio 2008-2009, in fase di completamento, riconosce per la prima volta agli interessati incrementi sostanzialmente in linea con il tasso di inflazione programmata (3,2%).
Con riferimento a tale tornata contrattuale, la Corte conferma le perplessità, legata all’attuale contesto macroeconomico e di finanza pubblica, in ordine alla prevista riassegnazione ai fondi per la contrattazione integrativa dei tagli alla spesa di personale effettuati dal citato decreto-legge n. 112 del 2008.
La relazione della Corte sottolinea altresì il ritardo nell’avvio delle trattative contrattuali per la nuova tornata contrattuale 2010-2012, destinata a svolgersi nell’ambito delle regole previste dall’intesa sull’assetto delle relazioni sindacali sottoscritta il 30 aprile 2009, che sostituisce l’accordo di luglio 1993 sulla politica dei redditi. La quantificazione delle risorse è stata, infatti, rinviata alla legge finanziaria per il 2011.
Da un “esercizio” tecnico sugli effetti dell’applicazione delle nuove regole, svolto dalla Corte, risulta una stima dei costi della predetta tornata 2010 -2012 pari a 1,6 miliardi per il 2010, a circa 2 nel 2011 e 1,7 nel 2012, con una maggior spesa rispetto alle regole dell’accordo di luglio 1993 nel 2011, in relazione alle modalità di calcolo del nuovo indice di riferimento per l’adeguamento del potere di acquisto dei salari.
Complessivamente le nuove regole sembrano premiare i comparti caratterizzati da una minor incidenza del trattamento accessorio sul totale della retribuzione (come, ad esempio, la scuola che rappresenta, in termini di spesa, il 30% del costo del lavoro pubblico).
Da una preliminare analisi sugli andamenti della contrattazione integrativa, in attesa dell’avvio del nuovo regime dei controlli previsto dal decreto legislativo n. 150 del 2009, risulta l’elevato valore di alcune specifiche fonti di alimentazione dei fondi unici. In particolare, per i comparti non statali, assume rilievo, al termine dell’esercizio 2008, il valore delle risorse aggiuntive legate al raggiungimento di parametri di virtuosità, non sempre vincolanti, e quelle connesse con la generica previsione dell’attivazione di nuovi servizi.
Elevato anche il gettito delle risorse previste da leggi attributive di speciali trattamenti a determinate categorie di personale, destinato, peraltro, a subire una drastica riduzione ad opera del citato decreto-legge n. 112 del 2008.
L’ultimo capitolo della relazione aggiorna al 2010 il quadro macroeconomico di riferimento per la valutazione della compatibilità economico-finanziaria della spesa di personale, sulla base dei dati di contabilità nazionale rilevati dall’ISTAT.
L’andamento della spesa per redditi da lavoro dipendente che, fino al 2008, era risultata di gran lunga superiore all’inflazione ed alla dinamica del prodotto interno lordo evidenzia, a partire dal 2009, una significativa inversione di tendenza.
Per il 2009, secondo i dati di consuntivo dell’ISTAT, la spesa per redditi è pari 171,6 miliardi con una revisione al ribasso della previsioni contenute nell’ultimo DPEF (3,6 miliardi in meno, pari a circa il 2%).
Le previsioni per il 2010 confermano la tendenza ad un maggiore controllo della spesa per redditi con un incremento stimato, rispetto alle previsioni del precedente esercizio, pari allo 0,7%.
Per il predetto anno il rapporto tra spesa per redditi e PIL, seppure in diminuzione (11,2%, a fronte dell’11,5% nel precedente anno), non risulta ancora in linea con l’obiettivo di un ritorno ai valori registrati negli esercizi precedenti al 2008.
Conclusivamente, ad avviso della Corte, è ormai ineludibile procedere ad una misurazione della produttività del lavoro pubblico quale parametro di compatibilità economico-finanziaria per la concessione di incrementi retributivi eccedenti il mero mantenimento del potere di acquisto della componenti fisse della retribuzione.
Una valutazione, seppur indiretta, di tale variabile, potrebbe essere ricavata da una osservazione dell’andamento della spesa per investimenti in capitale produttivo, in dotazione ai lavoratori pubblici, laddove tali investimenti determinino effettivamente una innovazione dei processi produttivi.
In tale contesto la Corte, da ultimo, auspica una rapida e condivisa attuazione delle misure contenute nella “Riforma Brunetta” per migliorare il ciclo della performance delle amministrazioni, nella consapevolezza che un recupero di produttività ed efficienza del settore pubblico rappresenta un importante strumento per favorire la ripresa dell’economia reale del Paese.