In Italia l’economia sommersa vale 192 miliardi

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Dall’ultimo rapporto Istat sui dati del 2017 viene fuori che l’economia non osservata (cioè quella legata ad attività criminali e a lavoro irregolare) è un vero e proprio tesoro sommerso che vale 211 miliardi di euro, con un più 1,5% sull’anno precedente e il 12,1% del Pil e precisamente (erano 207,7 nel 2016), l’economia sommersa ammonta a poco meno di 192 miliardi di euro mentre le attività illegali a circa 19 miliardi.

Nel 2017 le unità di lavoro irregolari sono 3 milioni 700 mila, in crescita di 25 mila unità rispetto al 2016. L’aumento della componente non regolare (+0,7% rispetto al 2016) segna la ripresa di un fenomeno che nel 2016 si era attenuato (-0,7% rispetto al 2015).

Nel rapporto Istat si può notare, anche, un dato allo stesso tempo interessante e preoccupante: il 41,7% dell’economia sommersa fa riferimento a uno specifico settore, quello del commercio.

Il valore aggiunto generato dall’impiego di lavoro irregolare costituisce la seconda componente in termini di peso sul totale, attestandosi nel 2017 al 37,3% (-0,5 punti percentuali rispetto al 2016), l’Istat evidenzia una tendenza al calo del peso di questa componente dal 2014, quando si è registrato un valore pari a 38,2%.

In particolare, emergono dal rapporto Istat come più problematici i settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio, di quello dei trasporti e del magazzinaggio, delle attività di alloggio e della ristorazione.

L’incidenza delle altre componenti dell’economia sommersa (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) si attesta al 7,6%, rimanendo sostanzialmente stabile rispetto al 2016. Il peso delle attività illegali invece presenta un andamento crescente dal 2014.In particolare, aumenta di 0,3 punti percentuali rispetto al 2016, portandosi nel 2017 al 9,0%.

L’incidenza del lavoro irregolare, è più elevata nel settore dei servizi (16,8%) e raggiunge livelli particolarmente elevati nel comparto degli altri servizi alle persone (47,7%) dove la domanda di prestazione lavorative non regolari da parte delle famiglie è rilevante.

Molto significativa risulta la presenza di lavoratori irregolari anche in agricoltura (18,4%), nelle costruzioni (17,0%) e nel commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (15,8%).

In termini assoluti, nel comparto del commercio e quello degli altri servizi alle persone sono impiegate il 61% del totale delle unità di lavoro non regolari (il 63,9% delle Unità lavorative dipendenti e il 54,1% delle Unità lavorative indipendenti).

Nell’industria la diffusione del lavoro irregolare è contenuta (7,6%), il comparto della produzione di beni alimentari e di consumo presenta il tasso di irregolarità più elevato (9,3%).

Il confronto tra settori evidenzia che in agricoltura l’incidenza del lavoro irregolare dipendente è quasi 5 volte superiore a quello del lavoro indipendente (rispettivamente 38,3% e 7,8%), mentre negli altri servizi alle imprese e nel comparto istruzione, sanità e assistenza sociale, il tasso di irregolarità degli indipendenti è oltre il doppio di quello dei dipendenti.

Alfredo Magnifico

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