di Pietro Colagiovanni*
Il film (2014) del regista portoghese Pedro Costa è inconfondibile nel suo stile, molto amato dai cinefili più esigenti e molto premiato nei vari festival di cinema autoriali sparsi per il mondo. Si tratta di un racconto onirico, di solito con luci tenue se non vero e proprio buio, che narra o meglio suggerisce e suggestiona sulla vita del sotto proletariato portoghese. Per lo più emigrati provenienti dalle ex colonie lusitane, raccontati in tutta la loro condizione di estrema povertà e sfruttamento. Il film non ha praticamente una trama, un racconto ma è un flusso joyciano di ricordi di un uomo anziano che oggi vive in un ospedale. Un uomo che porta con sé un passato di lavoro, da muratore, e di impegno politico, contro la dittatura di Salazar.
Il film è molto legato ai temi del paese di Costa e non è sicuramente di facile visibilità. I tempi sono più teatrali, quasi da monologo del teatro più sperimentale che cinematografici. L’opera non è comunque un monologo ma anche gli altri protagonisti, tutti provenienti da un povero sobborgo di Lisbona, sostanzialmente recitano monologhi.
L’opera vive in una dimensione critica molto peculiare. E’ ricchissima di suggestioni, anche estetizzanti. E’pieno di politica e di denuncia del capitalismo, di vicinanza al lumpenproletariat di marxiana memoria. E’un prodotto particolare, frutto della ricerca personale e delle convinzioni estetiche e politiche di Costa. Deve quindi piacere, e, a giudicare dagli osanna dei critici sparsi per il mondo, piace. Personalmente nutro più di qualche perplessità. Probabilmente è un tipo di narrazione, benchè ben realizzata, che semplicemente non gradisco.
La suggestione mi sembra più un loop suggestivo che un voler approdare ad altro, la povertà estrema fa a cazzotti con le scene estetizzanti di cui è zeppo il film ed anche la povertà è radicalizzata ed estremizzata. La totale mancanza di narrazione tradizionale rende il film stanco, iterativo, quasi ossessivo. Ma, ripeto, è questione di gusti. D’altronde non tutti ascoltano Shostakovic e ne restano inebriati ma magari preferiscono qualche banale canzonetta pop. E chi scrive forse appartiene proprio a questa ultima categoria.
Voto: 4/5
*imprenditore, comunicatore, fondatore del gruppo Terminus
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