Indennizzi, investimenti, ricerca. Sono le parole chiave della rigenerazione olivicola della Puglia che la Ministra alle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova ha voluto ribadire ancora una volta oggi, aprendo l’incontro convocato con istituzioni e associazioni per l’illustrazione del Piano straordinario.
Conclusosi pochi minuti fa l’incontro, svoltosi in un clima sereno e propositivo, ha confermato l’impianto del Piano, così come illustrato nei giorni scorsi dalla stessa Ministra. Nessuna modifica, tranne nell’aumento delle risorse sugli indennizzi ad agricoltori e frantoiani.
A partire da questo aspetto, in apertura, è stata proprio la Ministra Bellanova ad esplicitare la ratio della strategia: “a chi chiede che le risorse vadano solo a questa misura”, ha detto, “ricordo che la norma impone una scelta diversa. Questo non è possibile”.
Quindi investimenti. “Per rigenerare l’olivicoltura e l’agricoltura servono imprese agricole che investano”, ha proseguito Bellanova, “che possano fare i reimpianti, piantare altre colture, lavorare in ottica di territorio con imprese di trasformazione e commercializzazione. Per questo sono previste misure specifiche. E anche la parte sui contratti di distretto, per favorire la progettazione territoriale. Serve o no riprogettare un territorio dove prima c’era una coltura identitaria e adesso il deserto? Io rispondo sì. E’ necessario capire dove, cosa e quali procedure gli agricoltori devono affrontare per fare il loro mestiere. Ho chiesto al mio ufficio legislativo di lavorare con Beni culturali, Ambiente e Regione per chiarire definitivamente cosa è consentito e cosa no. Abbiamo fatto un protocollo che ha sbloccato i reimpianti di ulivi con le 2 specie resistenti. Credo si debba ripartire dall’ulivo ma che gli agricoltori devono essere liberi di fare impresa, rispettando le norme”.
Quindi, la ricerca, vera e propria chiave di volta: “E’ essenziale”, ha concluso la Ministra Bellanova, “nel dare prospettiva alla rigenerazione agricola. Servono risorse adeguate ma soprattutto dobbiamo trovare un coordinamento. Con un obiettivo chiaro: la ricerca deve aiutare gli agricoltori. Non essere fine a sé stessa, non essere scoordinata, non essere in competizione. È indispensabile. Se oggi si può sperare nella tenuta di due specie individuate come resistenti è perché si è fatta ricerca”.