Riapertura attività, i dubbi della ristorazione di fronte alle linee guida del Governo

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FOTO DI REPERTORIO

E’ uno dei grandi dibattiti in questo periodo di crisi a causa della pandemia da coronavirus: la riapertura delle attività, che in molte Regioni dovrebbe arrivare già dal 18 maggio. Apertura vera, ma ovviamente regolamentata da misure di cui si dibatte da giorni sui quotidiani, che rischiano di frenare sul nascere il tanto sospirato ritorno alla normalità. Ci sono tanti dubbi da risolvere, dall’effettiva capienza dei locali alla paura nelal gente fino alle difficoltà economiche delle famiglie; tutti ostacoli che, sommati alle restrizioni in arrivo, potrebbero rendere economicamente insostenibile, per non dire inopportuno, riaprire le porte.
Da un lato c’è una situazione già drammatica, con una perdita per il settore stimata in 34 miliardi di euro, con 50.000 imprese che potrebbero non riaprire e 350.000 posti di lavoro a rischio, dall’altro le regole, dalla distanza tra i tavoli al dispenser con il gel per le mani.

Ma il problema è più esteso: saranno vietati i buffet, posate e stoviglie dovranno essere ben separate, i locali areati, le superfici igienizzate, il personale dovrà lavorare con guanti e mascherina.
E ancora: niente menu plastificati, sostituiti da quelli giornalieri di carta e dalle lavagnette, famiglie allo stesso tavolo ma con l’autocertificazione, mascherina anche per i commensali per andare in bagno e per pagare alla cassa (protetta da un pannello di plexiglass), prediligendo il pagamento elettronico.

Tra le buone notizie, ad ora l’unica, la maggiore disponibilità di spazi pubblici messi a disposizione dai Comuni ai ristoratori.