I lavoratori , in cambio del voucher, rinunciavano a una quota della loro retribuzione in denaro
La fornitura ai propri dipendenti di un “buono acquisto”, da parte di una società che ha – a sua volta – acquistato il buono a un prezzo “Iva inclusa”, in cambio della rinuncia da parte dei lavoratori a una quota della loro retribuzione in denaro, costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso. L’interpretazione della normativa europea in materia di imposta sul valore aggiunto è arrivata da parte della terza sezione della Corte di giustizia Ue, con la sentenza del 29 luglio 2010 resa nel procedimento C-40/09.
La controversia che ha portato alla pronuncia dei giudici europei era insorta tra una società di diritto inglese e l’Amministrazione fiscale britannica. In particolare, il sistema retributivo della società, operante nel ramo farmaceutico, prevedeva, tra l’altro, il riconoscimento ai propri dipendenti di una quota fissa annua, denominata “fondo vantaggio”, comprensiva di un importo in contanti e, eventualmente, di alcuni benefici previamente scelti dai dipendenti stessi, fermo restando che ciascun beneficio scelto dava luogo a uno specifico prelievo dal fondo individuale. Fra i vantaggi, proprio i “buoni acquisto”, da spendere presso appositi negozi convenzionati. Buoni di valore nominale di 10 sterline, cui si associava un prelievo dal fondo dei dipendenti di importo inferiore, compreso tra le 9,25 e le 9,55 sterline.
La società aveva redatto le proprie dichiarazioni Iva basandosi sul principio secondo cui non era tenuta a fatturare, a valle, l’imposta sulla fornitura di buoni acquisto ai propri dipendenti e non era autorizzata a detrarre quella assolta, a monte, al momento dell’acquisto di tali buoni, sostenendo poi, però, che, poiché il costo di acquisto dei buoni faceva parte degli oneri generali dell’impresa, essa avrebbe dovuto essere autorizzata a detrarre l’Iva attinente a tale acquisto, senza essere tenuta a fatturare l’imposta a valle, dato che la fornitura ai dipendenti non era effettuata a titolo oneroso.
Sulla base di tali argomentazioni, la società aveva, dunque, chiesto al fisco inglese il rimborso dell’Iva assolta a monte per acquistare i “buoni acquisto”.
L’Amministrazione fiscale britannica aveva rigettato l’istanza, ritenendo che la società non utilizzava i buoni per realizzare un’operazione imponibile (quindi, niente detrazione).
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/buoni-onerosi-ai-dipendenti-corte-ue-e-prestazione-di-servizi