Fmi: per l’Italia conti sotto controllo ma il debito resta alto

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Conti sotto controllo ma debito ancora troppo alto. Il check up sullo stato di salute della finanza pubblica italiana e’ contenuto nel Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale secondo cui il rapporto tra deficit e Pil nel nostro Paese si attesterà al 5,1% quest’anno e al 4,3% il prossimo. Cifre sostanzialmente in linea con le stime del Governo (rispettivamente 5% e 3,9%) e migliori di quelle certificate per la media dell’Eurozona (6,7% e 5,1%). “La sfasatura con le previsioni del ministero dell’Economia – si legge nel Rapporto – è spiegata da assunti meno ottimistici sui risultati della lotta all’evasione”. Le cifre non sono comunque ancora sufficienti per invertire con decisione l’andamento del debito, destinato a salire al 118,4% (118,5% la previsione dell’esecutivo) a fine 2010 e al 119,7% (119,2%) nel 2011. Per assistere a una riduzione, testimoniano le tabelle di Washington, bisognerà attendere il 2014. Ma ancora nel 2015 il debito resterà piu’ alto (118,8%) di quello di quest’anno. All’Italia calcolano i tecnici del Fondo servirebbe un aggiustamento pari al 3,8% del Pil nei prossimi dieci anni per centrare l’obiettivo di una riduzione del debito al 60% entro il 2030. Uno sforzo superiore a quello richiesto alla Germania (3%) ma meno pesante di quello che dovranno mettere in cantiere Paesi come la Francia (7,5%) o la Gran Bretagna (8,8%). Proprio il peso del debito costringerà l’Italia a ricorrere pesantemente al mercato per il finanziamento dei propri fabbisogni finanziari (debito in scadenza e deficit di bilancio). Le necessità di raccolta saranno pari al 25,4% del Pil quest’anno e al 22,5% il prossimo. Già dall’anno prossimo comunque i conti italiani cominceranno a rivedere un po’ di avanzo primario, uno 0,4% che crescerà progressivamente fino a posizionarsi sopra quota 2% dal 2014. La pressione fiscale e’ prevista sostanzialmente costante. Ma all’Italia i tecnici del Fondo consigliano di intervenire sull’Iva: una sua manutenzione, con la riduzione di esenzioni ed elusione, darebbe una bella boccata di ossigeno ai conti. Ridurre di solo la meta’ il gap di efficienza che oggi ci separa dalla media delle principali economie avanzate consentirebbe un aumento delle entrate del 3,3%, che quasi raddoppierebbe al 65% se la distanza venisse coperta per intero. (Il Fondo monetario internazionale giudica “importanti sia in in termini di equità che di efficienza” i piani di contrasto all’evasione fiscale annunciati dall’Italia e da altri Paesi nel mondo. E tuttavia, sottolineano i tecnici di Washington, nel Fiscal Monitor, le stime sul deficit nel nostro Paese si basano su “assunti meno ottimistici” sui ricavi che ne deriveranno nei prossimi anni. Una riforma dell’Iva per portare il sistema sui livelli di efficienza medi del G20 porterebbe all’Italia incassi aggiuntivi pari al 2,5% del Pil. La stima e’ contenuta nel Fiscal monitor del Fondo monetario internazionale secondo cui una manutenzione dell’imposta sarebbe da preferire a un aumento dell’aliquota che per ogni punto di incremento porta nuove entrate per appena lo 0,4% del Pil. Al nostro Paese il Fondo consiglia “una combinazione di misure quali l’assottigliamento delle esenzioni, la riduzione delle aliquote e il miglioramento dell’adesione dei contribuenti al pagamento” dell’imposta. L’efficienza dell’Iva in Italia e’ pari a 0,39, contro ad esempio lo 0,69 del Giappone e lo 0,5 della Germania.

Fonte: Confcommercio