La riflessione/ Gli stranieri sono destinati a diventare sempre più italiani, con o senza Ius scholae

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FOTO DI REPERTORIO

Nei vari editti il senato romano riconosceva la cittadinanza romana ai popoli conquistati lo stesso cicerone si autodefiniva “Civis Romanus sum“.

A distanza di oltre duemila anni si continua a litigare se concedere o no la cittadinanza a persone che da anni vivono e si integrano nella società italiana.

Il provvedimento dello Ius scholae per le circa 500.000 mila persone nate in Italia non è altro che una agevolazione burocratica, in quanto al compimento dei 18 anni ne avrebbero diritto, non è altro che un modo di  semplificare la vita, prima o poi quel pezzo di carta è loro, solo con maggiori scartoffie e perdita di tempo.

Sono 5 milioni gli immigrati regolari presenti in Italia, parte integrante della vita di ogni città, del Centro,del Nord o sud, sono la forza lavoro principale e indispensabile in molti settori.

Nel 2020 i nati in Italia da genitori stranieri sono stati 59.792, il 14,8% dei 404.892 registrati all’anagrafe, la stragrande maggioranza è destinata a restare in Italia per tutta la vita, per loro è la patria, anche se dovranno aspettare i 18 anni per diventarne cittadini.

Grazie a questi arrivi molte scuole hanno evitato la chiusura, dai dati del ministero dell’Istruzione l’anno scolastico 2019/20, ha visto la frequenza di 876.820  studenti di origine straniera, il 10,3% con punte del 17,3% in Emilia Romagna e del 16% in Lombardia, le percentuali sono destinate ad aumentare poiché tra i nati la proporzione di italiani con genitori stranieri è già più alta.

A questi si si sommano i 32mila del 2020 e i 41.616 del 2019 bambini al di sotto dei 12 anni arrivati dopo la nascita che rimarranno in Italia, il riferimento ai 12 anni è per gli immigrati a cui si rivolge il disegno di legge “ius scholae”, che prevede la cittadinanza italiana dopo avere terminato un ciclo di studi di 5 anni.

La proposta è una versione moderata dello Ius Soli, che sta comunque incontrando l’opposizione delle forze politiche che del contrasto dell’immigrazione fanno il proprio slogan elettorale.

Tra il 2018 e il 2020 l’Italia ha concesso a 371.327, la cittadinanza, più della Germania e gli altri Paesi europei dove la percentuale di migranti è  superiore, meno di 95mila hanno riguardato chi aveva meno di 15 anni, diventati italiani grazie all’ottenimento della cittadinanza da parte dei genitori, e sono stati esclusi i coetanei che hanno fatto i loro stessi studi, ma che avevano padri e madri non ancora idonei, considerando 15-19enni e i 20-24enni nelle stesse condizioni l’Italia si conferma lo Stato Ue con il maggior numero di concessioni.

Dal 2013 la percentuale di stranieri che ha acquisito la cittadinanza italiana è superiore al 2%, con un picco del 4% nel 2016, maggiore di quella di Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, fanno eccezione i Paesi Bassi e Svezia che hanno cifre maggiori.

Negli ultimi tempi un numero significativo ha raggiunto i requisiti per la cittadinanza, o i 10 anni di permanenza continuativa, o presenza di un certo reddito, o per il compimento dei 18 anni per i nati nel nostro Paese ,ragazzi degli anni novanta o del primo decennio di questo secolo, quando c’è stato il picco del fenomeno migratorio, periodo in cui in Europa occidentale gli stranieri erano parte integrante del tessuto sociale, anche nel nostro Paese, ora tra gli immigrati sono cresciuti quelli che tra questi possiedono un titolo di studio.

Nella maggior parte è stato ottenuto dopo 5 anni di frequenza continuativa, se consideriamo i 316 mila tra 15 e 24 anni che hanno finito le scuole medie e le elementari oltre ai 157 mila con diploma o laurea.

Gli stranieri con il diploma delle medie sono l’11,3%, inferiore se ci riferiamo alle superiori o all’università, si riscontra però la carenza di immigrati laureati o lo scarso livello di competenze.

La polemica dello ius scholae si concentra sugli 876.801 bambini e ragazzi che, se non abbandonassero gli studi, potrebbero avere la cittadinanza nei prossimi 8 anni, 573.845 di loro sono persone nate in Italia e sarebbe solo un’agevolazione burocratica, che conseguirebbe al compimento dei 18 anni.

Prima o poi quella pergamena e quella bandiera la otterrebbero lo stesso, solo con maggiori scartoffie e perdite di tempo. I numeri sulle acquisizioni di cittadinanza sono chiari.

I politici di Lega e Fratelli d’Italia, molti dei quali vivono in aree in cui marocchini, egiziani, nigeriani, pakistani, bengalesi sono una presenza stabile, non possono ignorare questa realtà, accettata dalla popolazione, vanno a scuola con i loro figli, sono i colleghi dei loro elettori.

La presenza degli stranieri non solo non è contestata ma ormai fa parte della società che diventa sempre più multietnica, lo stesso dicasi di chi nasce in Italia, battaglia su questi temi denotano posizioni arretrate, come chi continua a sparare ritirandosi solo per affermare di non essere sconfitto, di esserci ancora, per ottenere vittorie momentanee, tattiche, destinate a ritardare l’inevitabile svolgimento degli eventi.

Per il forte rallentamento degli arrivi la percentuale di chi avrà ottenuto la cittadinanza sarà sempre maggiore, qualsiasi sia la legge in vigore,  lo ius scholae non è altro che semplificare e anticipare il riconoscimento della cittadinanza.

Alfredo Magnifico