Il piano “taglia e cuci” degli azionisti Alitalia prosegue senza intoppi. Le parole “rilancio e salvataggio”, più volte riproposte da ormai tre anni, in realtà celano una verità che starebbe per preannunciare il “confezionamento” della ormai piccola compagnia italiana a favore dei francesi. Quella stessa compagnia che, acquistata a condizioni di particolare favore, doveva mantenere negli anni la sua italianità, come ai tempi promesso dal Governo subentrante. Del resto, dopotutto, bisogna ammettere che una particolare caratteristica di italianità la stanno mantenendo, e cioè ogni volta che gli azionisti ordinano, ecco aprirsi le porte della cassa integrazione, unica strada, pare, per arrivare a bilanci positivi. Eppure le condizioni di acquisto erano ottimali:
-nessuna gara d’asta, al contrario di quanto affermato (vedi la condanna a Baldassarre);
-messa in cassa integrazione di tutto il personale Alitalia (con conseguente ripescaggio al fine di ottenere sgravi fiscali per tre anni);
-nessun debito da pagare (la bad company e i suoi debiti sono stati “spalmati” su tutta la popolazione come se fosse una nuova tassa);
-ottenimento di prestiti all’uopo garantiti dal Governo (prestito ponte).
Insomma vi erano e vi sono tutte le carte in tavola per riuscire ad ottenere un buon risultato, dati anche gli ultimi risultati operativi confermati ottimi dall’ Ad Sabelli. Ma gli azionisti non sono ancora soddisfatti. Per ottenere l’attivo in bilancio non è sufficiente una sana attività del trasporto aereo, devono ancora mandare altre 1000 persone in cassa integrazione per 7 anni, più altre 250 lavoratori da esternalizzare in alcuni scali italiani. E così via ancora debiti sulle spalle dei cittadini. Come abbiamo ricordato più volte noi dell’Italia dei Valori, l’operazione Alitalia è stata la più grande opera di parcheggio di personale dal dopoguerra. E se questo attivo in bilancio tardasse ad arrivare, cosa succederebbe? E se nel 2011 non si arrivasse al pareggio? Continuiamo a mandare personale in cassa integrazione? Una condizione un po’ troppo di comodo, no? Non sarebbe opportuno assumere una strategia di crescita? Diciamo le cose come stanno! Gli azionisti devono riferire se vogliono veramente portare in attivo questa compagnia o se queste operazioni sono solo un modo per rendere la compagnia aerea italiana il più appetibile possibile ai francesi rendendola maggiormente produttiva attraverso il taglio di personale ed introducendo per i lavoratori rimanenti contratti di lavoro low cost. La domanda è sempre la stessa a distanza di anni! Ma non sarebbe stato più opportuno vendere direttamente ai francesi quando durante le trattative erano disposti ad assumersi in toto la compagnia, compresi i debiti? Non sarebbe convenuto a noi tutti cittadini italiani, a noi come Stato? La risposta è ovviamente positiva, tranne che per quella “casta” che ha ritenuto di speculare sopra la pelle di quei lavoratori che, ancora oggi, si trovano o senza un lavoro o in cassa integrazione a neanche 40 anni.