Con le tre ordinanze nn. 23285, 23286 del 18 novembre e n. 23594 del 22 novembre 2010, le S.U. della S.C. hanno affermato che la regola del “foro erariale” non è applicabile ai giudizi di appello in materia di sanzioni amministrative. La questione su cui le Sezioni Unite sono state chiamate a risolvere è se il gravame contro i provvedimenti del giudice di pace, over sia parte un’amministrazione statale, debba essere proposto al tribunale del circondario, secondo la previsione dell’art. 341 c.p.c., oppure all’eventualmente diverso tribunale del capoluogo del distretto, a norma dell’art. 7 del testo unico approvato con regio decreto 30 ottobre 1933 n. 1611. Le Sezioni Unite hanno spiegato che il legislatore si è limitato ad assoggettare ad appello le sentenze e le ordinanze di cui sopra, senza null’altro disporre. Ne consegue che nel giudizio di gravame vanno osservate, in quanto applicabili e nei limiti della compatibilità, le norme ordinarie che disciplinano lo svolgimento del processo di primo grado davanti al tribunale – art. 359 c.p.c.
L’introduzione di una deroga a questo principio avrebbe potuto essere ravvisata solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso. Le particolari norme procedurali dettate in materia di sanzioni amministrative – spiegano i giudici -, seppure fossero applicabili anche in appello, risulterebbero evidentemente del tutto ininfluenti ai fini della individuazione del giudice cui proporre il gravame, tranne semmai quella che consente la difesa personale delle parti. Ma l’argomento – di per sè debole essendo la difesa personale solo facoltativa – è destinato a cadere a fronte di quanto osservato in proposito della mancanza di una espressa previsione legislativa di “ultrattività del rito”, che estenda all’appello l’applicabilità delle norme suddette. Ma per i Supremi Giudici, la ragione per cui va dichiarata la competenza del tribunale periferico risiede nella estraneità dei giudizi in materia di sanzioni amministrative alla regola del “foro erariale”, stabilita per la generalità delle cause nelle quali è parte un’amministrazione dello Stato dall’art. 25 c.p.c. L’applicazione di questa norma è tuttavia esclusa dal primo comma dell’art. 7 del t.u. sopra citato, tra l’altro, “per i giudizi innanzi ai pretori”, ma riaffermata dal secondo comma per “l’appello delle sentenze dei pretori pronunciate nei giudizi suddetti”. Investita della questione relativa alla perdurante vigenza di tali disposizioni, che non sono state aggiornate in seguito all’abolizione del giudice unico di primo grado, La Corte di Cassazione ha deciso che <
Alla luce di questo precedente – conclude la Corte – dal quale non vi é ragione di dissentire, si deve ritenere che l’esenzione del foro erariale, per le cause qui in considerazione, ab origine deriva non dall’essere stabilita la competenza per materia del pretore, ma quella per territorio del giudice <>, per una esigenza di prossimità rimasta attuale anche dopo la soppressione delle preture: perciò questa corte ha ritenuto che l’esenzione suddetta non è venuta meno per il campo delle sanzioni amministrative.
L’affermazione si riferisce espressamente soltanto al primo grado, ma può essere senz’altro essere estesa anche all’appello.
Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite è, dunque:
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(Litis.it, 9 Dicembre 2010, Marco Martini)