Imprese, Istat: innovazione per il 33% nel triennio 2006/08

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Nel triennio 2006-2008 le imprese italiane con 10 o piu’ addetti che hanno svolto attivita’ di innovazione sono state 69.017, pari al 33,1% dell’universo considerato. La maggior parte di esse (il 30,7%) ha introdotto sul mercato o nel proprio processo produttivo almeno un’innovazione (imprese innovatrici); il rimanente 2,4%, invece, e’ costituito da imprese con attivita’ di innovazione che non si sono tradotte in nuovi prodotti, servizi o processi alla fine del 2008. Lo comunica l’Istat, spiegando che rispetto al triennio 2004-2006 il numero di imprese innovatrici e’ aumentato di oltre tre punti percentuali.
A livello settoriale, l’incidenza di imprese innovatrici e’ stata pari al 41,1% nell’industria, al 20,3% nelle costruzioni ed al 23,9% nei servizi. Considerando la dimensione di impresa, il 28,2% delle imprese nella classe 10-49 addetti ha innovato, cosi’ come il 49,8% di quelle con 50-249 addetti e il 65,1% di quelle con 250 addetti e oltre.
I settori piu’ innovativi nell’industria sono stati le industrie farmaceutiche (75,5%), il settore della fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (69,1%), le industrie chimiche (63,4%) e il settore della fabbricazione di autoveicoli (58,4%). Nei servizi, le imprese innovatrici sono piu’ frequenti nelle telecomunicazioni (66,3%), nella produzione di software (60,9%) e nella ricerca e sviluppo (60,8%). “I dati resi noti dall’Istat confermano l’impegno in innovazione dell’industria farmaceutica: in questo ambito spicca senz’altro il biotech, che vanta circa 200 aziende fortemente focalizzate sulla ricerca – le cosiddette pure biotech – che investono nella cura della salute fino al 28% del fatturato o dei costi operativi”. Così Alessandro Sidoli, presidente di Assobiotec, l’Associazione di Federchimica che rappresenta le imprese biotecnologiche, commenta la presentazione del rapporto Istat sull’Innovazione nelle imprese italiane. “Purtroppo allo stato attuale il grande impegno in ricerca delle aziende biotecnologiche italiane non trova corrispondenza da parte delle Istituzioni, che non sostengono il comparto con misure indispensabili, come invece avviene in altri paesi europei. Un cambiamento di rotta concreto in questa direzione avrebbe importanti ricadute in termini di creazione di imprese, di occupazione e di prodotti innovativi” conclude Sidoli.