di Pietro Colagiovanni
Sono piccole cose, che però ripetute milioni di volte diventano somme consistenti. Sono piccole cose, ma rivelano, come il diavolo nei dettagli, la natura di uno stato fallito e inefficiente come quello italiano. Sono piccole cose, ma a volte sono talmente esasperanti che ti viene voglia di cambiare città, regione e nazione. Chiunque condivida responsabilità genitoriali si sarà imbattuto nel famigerato mondo dei contributi scolastici volontari. Che di volontario non hanno un bel niente ma hanno solo lo spiccato sapore di una burocrazia ipocrita ed anche (vedi quanto accaduto con i vaccini e la mancata imposizione di un chiaro obbligo) un po’ vigliacca. Insomma per farla breve siccome la scuola italiana non ha soldi per fare alcune attività i genitori devono versare un ulteriore obolo, una gabella, una tassa mascherata all’istituto frequentato dai figli. E già qui sorgono spontanee alcune domande. L’Italia è uno dei paesi con la più alta tassazione al mondo, una montagna di soldi viene prelevata dalle tasche dei cittadini per finanziare i servizi pubblici. Ma i servizi pubblici italiani (sanità, giustizia, strade, infrastrutture, servizi per la famiglia e per i bisognosi) sono assolutamente insufficienti, spesso carenti, a volte disastrosi. Non solo. Nonostante questa mole di risorse e il suo cattivo utilizzo lo stato italiano è in perenne deficit, ed ha accumulato un debito pubblico mostruoso. La domanda spontanea è la seguente: visto che i servizi fanno schifo, che fine hanno fatto tutti questi soldi? Io una risposta ce l’ho in testa, ma siccome non mi piace la facile demagogia me la tengo per me. Penso però che molti siano giunti alla mia stessa conclusione. Detto questo non vi voglio parlare del contributo volontario scolastico, già di per sé odioso ma di una cosa ancora più odiosa, talmente odiosa che non capisci come possa essere stata partorita. Una volta che hai deciso volontariamente o spontaneamente di pagare il contributo inizia un percorso abbastanza astruso per sostenere la spesa. Pago in rete, pago in rete pa, pago in rete miur, vado in rete gol, paga subito ma non troppo, utilizza lo spid, non hai lo spid la mail, verifica la mail. Insomma vaghi per questo splendido mondo informatico costato un sacco di soldi ma agile come lo era il Commodore 64 agli albori dell’era informatica e alla fine riesci ad arrivare al pagamento finale, da effettuarsi con carta di credito. E lì il gabelliere capo italico, quello che ferma Trosi e Benigni alla frontiera feudale, supera se stesso. Non ci crederete ma per pagare un contributo, che volontario non è, BISOGNA PAGARE UNA COMMISSIONE! Una tassa sulla tassa sulla tassa, una tassa al cubo che solo la fervida fantasia del gabelliere capo italiota poteva partorire. Ormai una commissione sulla carta di credito non te la chiede più nessuno, anzi ci sono carte di credito che per agevolare il pagamento elettronico stabiliscono programmi di cash back. Qui invece no, si paga somme da un euro o poco meno. Ovviamente non è la somma in sé a creare problemi ma l’assurda esosità di uno stato rapace. Che fai allora? Paghi ovviamente e reagisci come Troisi e Benigni all’ennesima richiesta di un fiorino: mandi a quel paese lo stato italiano. E pensando alla nostra nazione e a come si è ridotta non puoi che citare il titolo del film: non ci resta che piangere.