Telecom, l’Asati chiede al Parlamento di prendere posizione sulle responsabilità dei vertici societari

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L’Asati – Associazione azionisti Telecom Italia, non si accontenta delle decisioni prese dal Conglio di amministrazione Telecom lo scorso 16 dicembre di non mettere all’ordine del giorno la discussione delle responsabilità dei vecchi vertici e chiede un diretto intervento del Parlamento. Per l’Associazione, infatti, la posizione assunta dal Cda Telcom sarebbe stata volta soprattutto a mattenere i toni bassi e far passare il Rapporto Deloitte col minor rumore mediatico possibile al fine di non ledere ulteriormente l’immagine della società e proteggere i titoli Telecom e Pirelli sul mercato azionario. Il Rapporto, lo ricordiamo, aveva lo scopo di analizzare la gestione della Security di Tavaroli, le frodi fiscali legate alla Telecom Italia Sparkle, le sim false e le vendite anomale di servizi premium e terminali. Tutti argomenti che avrebbero dovuto definire le resposabilità dei soggetti a capo come Marco Tronchetti Provera e i suoi manager contro cui, però, il Cda avrebbe deciso di non intraprendere alcuna azione. Una decisione che, a detta dell’Ansati, “rappresenta un grave vulnus ai danni degli azionisti di minoranza e di tutti i dipendenti” tanto da rivolgersi direttamente alle Camere. Con un’interpellanza presentata il 20 dicembre, l’onorevole Lannutti, infatti, chiamando in causa i Ministri all’Economia e allo Sviluppo economico, pone alcune domande precise: se il Governo è a conoscenza del ruolo svolto dai presidenti di Generali, Mediobanca e Intesa San Paolo in qualità di azionisti Pirelli; se il Governo è a conoscenza dei motivi che hanno indotto la Consob a non intervenire nella mancata diffusione delle informazioni sulla salute della società anche ai piccoli azionisti; quali siano le ragioni che indussero Tronchetti Provera ed Enrico Bondi a “decapitare” strutture organizzative che ben funzionavano, come la Segreteria di Presidenza e la Security;se la decisione repentina di Enrico Bondi di allontanare via sia Nola sia Gallina, entrambi lo stesso giorno, non occultasse modalità gestionali che in maniera intenzionale volgevano a favorire, in un programma premeditato, proprio la Pirelli a danno del Gruppo Telecom Italia e dei suoi azionisti investitori; per quale ragione gli ex vertici Telecom e l’amministratore delegato Buora in particolare ignorarono gli alert pervenuti nel 2003 proprio da Nola, come risulta dalla documentazione e per quale motivo le comunicazioni ricevute nel periodo 2003-2006 non furono mai trasferite all’organismo di vigilanza secondo le regole e la procedura prevista dal decreto legislativo n. 231 del 2001, quando si è in presenza di notizie di reato; quali misure urgenti il Governo intenda assumere per accertare la verità dei fatti inerenti alla gestione Tronchetti-Bondi-Buora-Ruggiero.

Di seguito pubblichiamo il testo completo dell’interpellanza:

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 2-00295

Atto n. 2-00295

Pubblicato il 20 dicembre 2010
Seduta n. 477

LANNUTTI – Ai Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico e della giustizia. –
Premesso che:
non ci sarà nessuna azione di responsabilità contro Marco Tronchetti Provera, l’ex “patron” di Telecom Italia, accusato di aver depauperato e saccheggiato un’azienda florida sia nel patrimonio immobiliare che nella vendita di importanti partecipate;
il consiglio di amministrazione di Telecom Italia, infatti, in data 16 dicembre 2010, come si legge sull’articolo pubblicato su “la Repubblica” il 17 dicembre 2010, «ha forzato la mano e ha anticipato che non metterà all’ordine del giorno della prossima assemblea l’azione di responsabilità contro i vecchi vertici. Nel corso della riunione, Deloitte ha illustrato il rapporto che ha passato in rassegna le vicende giudiziarie degli ultimi anni. In particolare, ha scandagliato la gestione della Security sotto la guida di Giuliano Tavaroli, le frodi fiscali delle controllate di Telecom Italia Sparkle, l’intestazione di sim card false e le vendite anomale di servizi premium e terminali. Un elenco di operazioni che hanno interessato le Procure di mezza Italia, che hanno provocato danni alla società e che sono state compiute quando le leve di comando del gruppo telefonico erano in mano alla Pirelli. (…) I consiglieri avrebbero dovuto solo prendere atto della documentazione e ascoltare i pareri di due esperti legali, il professor Franco Bonelli (Bonelli Erede & Pappalardo) e l’avvocato Bruno Cova (Paul Hasting), incaricati di spiegare se vi fossero i margini per un’azione di responsabilità nei confronti di Marco Tronchetti Provera e degli altri manager. Invece i consiglieri, espressione degli azionisti concentrati in Telco (Telefonica, Intesa, Generali e Mediobanca) e quelli eletti dal gruppo Fossati, hanno preferito pronunciarsi subito e sgombrare il campo da eventuali incertezze. “Non faremo nessuna azione di responsabilità”»;
si legge ancora nel citato articolo: «L’unica voce dissonante è stata quella di Luigi Zingales, professore di Finanza all’Università di Chicago, consigliere di amministrazione della Telecom eletto dai fondi» comuni di investimento, secondo cui lo spazio per un’azione di responsabilità c’è come hanno dimostrato entrambi i pareri legali. «Le vistose carenze di controllo rilevate dalla Deloitte confermano le violazioni dell’articolo 2381 del Codice civile, che obbliga gli amministratori ad adottare strutture di governo societario adeguate. Mancano, invece, soprattutto secondo il parere del professor Bonelli, l’opportunità e le possibilità di successo di una causa, non esiste giurisprudenza al riguardo e i precedenti di azioni di responsabilità contro gli amministratori sono relativi per lo più a casi di fallimento. Non ci sono neppure sentenze di condanna e le probabilità di successo sono, appunto, scarse. Si può dire semmai che gli amministratori non siano stati bravi, ma dimostrare che siano stati responsabili di quanto accaduto è estremamente difficile. La business judgment rule, mutuata dalla giurisprudenza statunitense e citata dal professor Bonelli, stabilisce che l’agire dei consiglieri si presume corretto finché non vi è la prova che abbiano violato i loro doveri»;
«in questo caso, al di là dell’ostacolo giuridico nel dimostrare la prova, non vi è alcuna evidenza che gli amministratori abbiano agito nel proprio interesse o contro quello della società, distraendo soldi per esempio. Semmai dovessero emergere altre evidenze da qui al prossimo anno, soprattutto in ambito penale, ci sarà ancora spazio nel consiglio che si terrà a gennaio per inserire l’azione di responsabilità nell’ordine del giorno dell’assemblea di aprile. Secondo i legali, a sfavore dell’azione di responsabilità hanno pesato anche gli oneri di una eventuale causa, la graticola mediatica, nonché le conseguenze sui titoli Telecom e Pirelli. Per l’Asati, l’associazione che rappresenta i piccoli azionisti di Telecom, “la decisione adottata rappresenta un grave vulnus ai danni degli azionisti di minoranza e di tutti i dipendenti”»;
il consigliere Luigi Zingales è stato il solo a porre delle domande all’avvocato Sergio Bonelli mentre esponeva i pro e i contro di un’eventuale azione di responsabilità a carico della precedente gestione;
come si legge su un altro articolo pubblicato su “la Repubblica” «Zingales è stato addirittura ripreso da un componente del collegio sindacale: “Ma lei cosa ne sa di diritto per rivolgersi in questa maniera al professor Bonelli”. Tuttavia Zingales non si è fatto intimidire e ha insistito nella sua azione tanto da dissociarsi apertamente dalle conclusioni di Bonelli, seguite invece senza batter ciglio dagli altri consiglieri. Per arrivare al parere finale è stato poi messo sul piatto l’argomento mediatico. Poiché da giorni si susseguono notizie e indiscrezioni di stampa relative alla perizia commissionata alla Deloitte dal management, e tale esposizione mediatica, secondo i consiglieri, ha già portato effetti negativi sulle società in questione, si è valutato di porre fine allo stillicidio considerandolo più nocivo di un eventuale risultato positivo dell’azione di responsabilità. Insomma tutti i consiglieri ad esclusione di Zingales sono stati ben contenti di togliersi un peso di dosso senza neanche prendersi un po’ di tempo per leggere le carte raccolte dalla Deloitte. D’altronde era facile attendersi un esito simile poiché quasi tutti i consiglieri hanno legami più o meno evidenti con la Pirelli di Marco Tronchetti Provera. Il quale ha potuto contare sulla “moral suasion” pesante del presidente di Generali Cesare Geronzi, compagnia che ha investito pesantemente in Telecom anni addietro. Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca, e Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa Sanpaolo, sono azionisti di Pirelli attraverso le rispettive banche. Tarak Ben Ammar è legato da stretta amicizia con Geronzi ed è entrato in consiglio per conto di Mediobanca. Aldo Minucci e Mauro Sentinelli sono espressione di Generali, anch’essa azionista di Pirelli, Elio Catania è stato indicato da Intesa, Jean Paul Fitoussi da Generali mentre Paolo Baratta è consigliere indicato dall’azionista Marco Fossati ed era presente anche nella passata gestione come rappresentante dei fondi. Forse poteva parlare Roland Berger, stimato consulente indipendente, entrato in cda su richiesta di Fossati, ma evidentemente non ha ritenuto opportuno prendere posizione contro uno schieramento di cotanti potenziali clienti. Certo, questa è l’ennesima dimostrazione che la governance di Telecom dell’era Mediobanca-Intesa-Generali è assai poco rappresentativa dell’azionista-mercato, ma ciò non è una novità. D’altronde, è il ragionamento di diversi consiglieri, perché dovremmo noi prendere delle iniziative pesanti se anche la magistratura non ha affondato il colpo contro Marco Tronchetti Provera e Carlo Buora? E Franco Bernabè, l’ad di Telecom che ha incaricato la Deloitte, pensi piuttosto a gestire meglio le attività del mobile piuttosto che andare a disturbare il salotto buono con le sue iniziative in nome della trasparenza»;
considerato che:
nel lontano agosto 2001 grazie ad una messa in scena riguardante false bonifiche svolte su auto e uffici Telecom coordinate dalla Security Pirelli, in pieno conflitto di interessi sull’affidamento delle attività, furono esautorati, come è noto, due importanti e competenti manager Telecom;
da questo iniziale e procurato fatto illecito, tutta la struttura organizzativa Telecom subì un contraccolpo, ed evidenti sono stati i deficit di organizzazione e di controllo (ex art. 2381 del codice civile) come dimostrano l’enorme successivo scandalo costituito dai dossieraggi illeciti, dai rilevanti costi illegali della Security e dalle numerose operazioni immobiliari in conflitto di interesse con Pirelli e sue partecipate;
nell’agosto 2001 Tronchetti Provera e Enrico Bondi (apprezzato attualmente da Francesco Greco, Procuratore aggiunto di Milano, per come ha gestito il risanamento Parmalat) decisero però di “decapitare” strutture organizzative che ben funzionavano (Segreteria di Presidenza e Security) e anche di non far intervenire controlli (esautorazione del Segretario Generale Nola e del Responsabile Security Gallina nello stesso giorno, cioè il 27 agosto 2001): era il giorno precedente la riunione del Collegio Sindacale convocata proprio da Vittorio Nola (a ciò espressamente delegato ai sensi del decreto legislativo n. 58 del 1998, cosiddetta «legge Draghi») per il 28 agosto 2001;
il dottor Nola infatti aveva due incarichi: il primo era quello di responsabile della Segreteria di Presidenza affidato con delibera del consiglio di amministrazione; il secondo di responsabile delle attività del Collegio sindacale affidato con autonoma e specifica delibera del Collegio stesso alla luce delle disposizioni della cosiddetta legge Draghi. Delibera quest’ultima mai revocata;
quindi ai due deficit iniziali (di organizzazione e di controllo) Telecom ha aggiunto anche la scientifica mancata tutela della reputation di due suoi manager, lasciando pubblicare un articolo su “Borsa e Finanza”, e mai smentendo poi il coinvolgimento in affari di spionaggio dei due ormai ex manager;
la decisione di Enrico Bondi di cacciare via sia Nola sia Gallina insieme lo stesso giorno fu repentina ed incredibile riguardo alle modalità gestionali ed il tutto si innescò probabilmente in un programma premeditato in Pirelli. Se fosse stato change management, infatti, Bondi avrebbe dovuto avere tutto l’interesse a smentire l’articolo su “Borsa e Finanza” del settembre 2001 che coinvolgeva Nola già dirigente in STET/Telecom dal 1990 e collaboratore diretto di tutti i Vertici Telecom fino all’arrivo della Pirelli;
la “direttiva Bondi” del 23 ottobre 2001, nel confermare la promiscuità gestionale tra Telecom e Pirelli, di fatto affidò proprio alla Pirelli e a Tavaroli il coordinamento delle attività sulla Security Telecom, certificando in tal modo l’asse informativo preferenziale tra Bondi stesso e Tronchetti Provera che desiderava “inchiodare” sia Nola sia Gallina considerati troppo vicini a Colaninno e quindi utili per essere strumentalizzati come casi emblematici di una gestione che in quel momento si voleva dimostrare con tutte le forze essere stata perniciosa per il Gruppo;
in ogni caso gli ex Vertici Telecom e l’amministratore delegato Buora in particolare dovrebbero ancora spiegare come fecero ad ignorare gli alert pervenuti nel 2003 proprio da Nola, come risulta dalla documentazione e per quale motivo le comunicazioni ricevute nel periodo 2003-2006 non furono mai trasferite all’organismo di vigilanza secondo le regole e la procedura prevista dal decreto legislativo n. 231 del 2001 quando si è in presenza di notizie di reato;
la testimonianza dell’assoluta volontà di non approfondire quanto accaduto nell’agosto 2001 – e quindi proprio nella fase iniziale della presa del potere Pirelli in Telecom – è dimostrato dalla carenza di analisi sulle vicende 2001-2003 che ancora il 16 febbraio il “Rapporto Ferrarini” ignora totalmente;
la decisione dell’attuale consiglio d’amministrazione di non voler prendere in esame il periodo di gestione Pirelli 2001-2007 incluse le operazioni immobiliari come il “progetto Magnum” riguardante la cessione di immobili sedi di centrali telefoniche a società in pieno conflitto di interessi e nonostante alcune evidenze del Rapporto Deloitte e le sottolineature dei pareri legali connessi confermano i dubbi e le perplessità inerenti a uno scandalo gestionale sotto scrutinio della Magistratura, nell’interesse degli azionisti, dei dipendenti, degli ex dipendenti che chiedono giustizia e non ultimo di tutti gli investitori, clienti e partner del Gruppo Telecom Italia;
il valore dei titoli Telecom, sceso sotto 1 euro e deprezzato di oltre il 70 per cento solo negli ultimi mesi, ha subito ulteriore penalizzazione dopo la notizia della mancata azione di responsabilità verso la gestione Tronchetti-Bondi-Bora-Ruggiero, forse perché gli investitori si attendevano decisioni differenti da parte degli organi sociali Telecom,
si chiede di sapere:
se il Governo sia a conoscenza di quale ruolo abbiano svolto nella vicenda Cesare Geronzi, il presidente di Generali, compagnia che ha investito pesantemente in Telecom anni addietro, Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca, Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa Sanpaolo, in qualità di azionisti di Pirelli tramite le rispettive banche;
quale sia la funzione svolta da Tarak Ben Ammar, legato da stretta amicizia con Geronzi ed entrato in consiglio per conto di Mediobanca, Aldo Minucci e Mauro Sentinelli, espressione di Generali, anch’essa azionista di Pirelli, Elio Catania, indicato da Banca Intesa, Jean Paul Fitoussi designato da Generali, mentre Paolo Baratta, consigliere indicato dall’azionista Marco Fossati, già presente nella passata gestione come rappresentante dei fondi, o Roland Berger, consulente indipendente, entrato in consiglio d’amministrazione su richiesta di Fossati, che non ha ritenuto opportuno prendere posizione contro uno schieramento di cotanti potenziali clienti;
se la governance di Telecom dell’era Mediobanca-Intesa-Generali, un moloch di potere economico finanziario, assai poco rappresentativa dell’azionista-mercato, non rappresenti la palese dimostrazione di un conflitto di interessi che nuoce gravemente ai diritti dei piccoli azionisti;
se risponda al vero che il ragionamento di diversi consiglieri sia stato quello di evitare iniziative civilistiche in assenza di doversose pronunce della magistratura contro Marco Tronchetti Provera e Carlo Buora;
se risponda al vero che l’incarico affidato a Deloitte da parte di Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom, per fare chiarezza su una gestione oscura, non sia stata letta come una lesa maestà del “salotto buono” con le sue iniziative in nome della trasparenza;
se al Governo risultino le ragioni che, in un groviglio di interessi, abbiano indotto la Consob a sottrarsi, finora, alle proprie responsabilità di assicurare la parità informativa tra tutti gli azionisti sia di maggioranza sia di minoranza, in tal modo tutelando tutti gli stakeholders;
quali siano le ragioni che indussero Tronchetti Provera ed Enrico Bondi a “decapitare” strutture organizzative che ben funzionavano, come la Segreteria di Presidenza e la Security, con l’esautorazione del Segretario generale Nola e del Responsabile della security Gallina nello stesso giorno, cioè il 27 agosto 2001, giorno precedente la riunione del Collegio sindacale convocata proprio da Vittorio Nola, in quanto espressamente delegato ai sensi del decreto legislativo n. 58 del 1998) per il 28 agosto 2001;
se l’estromissione repentina del dottor Nola, che aveva due incarichi, di responsabile della Segreteria di Presidenza affidato con delibera del consiglio d’amministrazione e di responsabile delle attività del Collegio sindacale affidato con autonoma e specifica delibera del Collegio stesso alla luce delle disposizioni della cosiddetta legge Draghi, delibera quest’ultima mai revocata, non aveva la finalità di perseguire un disegno di dossieraggio ad opera del dottor Tronchetti Provera, per poter conseguire vantaggi politici ed economici;
se ai due deficit iniziali, di organizzazione e di controllo, alle quali Telecom ha aggiunto anche la scientifica mancata tutela della reputation di due suoi manager, lasciando pubblicare un articolo su “Borsa e Finanza”, senza mai smentire successivamente il coinvolgimento in affari di spionaggio dei suoi due ex manager, non siano ascrivibili a disegni di gestione allegra di una grande azienda telefonica depauperata sia nel patrimonio che nell’immagine e nella reputazione dallo scandalo del successivo spionaggio;
se la decisione repentina di Enrico Bondi di allontanare via sia Nola sia Gallina, entrambi lo stesso giorno, non occultasse modalità gestionali che in maniera intenzionale volgevano a favorire, in un programma premeditato, proprio la Pirelli a danno del Gruppo Telecom Italia e dei suoi azionisti investitori;
se la “direttiva Bondi” del 23 ottobre 2001, che confermava la “promiscuità” gestionale tra Telecom e Pirelli, affidando di fatto proprio alla Pirelli e a Tavaroli il coordinamento delle attività sulla Security Telecom, certificando in tal modo l’asse informativo preferenziale tra Bondi stesso e Tronchetti Provera, che desiderava “inchiodare” sia Nola sia Gallina considerati troppo vicini a Colaninno e quindi utili per essere strumentalizzati come casi emblematici di una gestione che in quel momento si voleva dimostrare con tutte le forze essere stata perniciosa per il Gruppo, non sia stata adottata con la finalità di sguarnire i presidi di controllo da parte di dirigenti provenienti dalla Stet e dalla Telecom, che si sarebbero rifiutati di perseguire gli interessi di Pirelli;
per quale ragione gli ex vertici Telecom e l’amministratore delegato Buora in particolare ignorarono gli alert pervenuti nel 2003 proprio da Nola, come risulta dalla documentazione e per quale motivo le comunicazioni ricevute nel periodo 2003-2006 non furono mai trasferite all’organismo di vigilanza secondo le regole e la procedura prevista dal decreto legislativo n. 231 del 2001, quando si è in presenza di notizie di reato;
se la volontà di non approfondire quanto accaduto nell’agosto 2001 – e quindi proprio nella fase iniziale della presa del potere Pirelli in Telecom – dimostrato dalla carenza di analisi sulle vicende 2001-2003, che ancora il 16 febbraio il “Rapporto Ferrarini” ignora totalmente, non abbia pregiudicato gravemente Telecom Italia ed i diritti degli azionisti risparmiatori, vulnerati da un saccheggio sistematico sia nel valore della quotazione di mercato del titolo, che nel patrimonio svilito, come quello immobiliare per essere trasferito a Pirelli a prezzi non proprio di mercato;
quali misure urgenti il Governo intenda assumere per accertare la verità dei fatti inerenti alla scandalosa gestione Tronchetti-Bondi-Buora-Ruggiero, ed evitare che grandi aziende, patrimonio del Paese, possano essere saccheggiate e depauperate.

di Carmela Mariano