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L’assenza di attività professionale rileva per il domicilio fiscale

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La Corte di Giustizia dell’Unione chiamata a pronunziarsi su un caso che coinvolge la normativa finlandese e il protocollo comunitario sui privilegi e sulle immunità

La domanda di pronuncia pregiudiziale che ha prodotto la sentenza della corte di giustizia verte sull’interpretazione dell’articolo 14 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, inizialmente allegato al Trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee, e successivamente, in forza del Trattato di Amsterdam, allegato al Trattato CE.
La protagonista della controversia
Detta domanda è stata avanzata da una cittadina finlandese al fine di determinare se, per l’esercizio fiscale 2007, quest’ultima fosse integralmente o solo parzialmente assoggettata all’imposta sul reddito vigente in Finlandia. La signora, infatti, che era cittadina finlandese, si è trasferita in Lussemburgo con la propria famiglia, quando il marito ha cominciato a lavorare presso il Parlamento europeo, stabilendo in Lussemburgo la propria residenza. La stessa era in congedo parentale dal suo impiego in Finlandia di istitutrice di scuola materna e in Lussemburgo non svolgeva una propria attività professionale. In Finlandia, la stessa era proprietaria di alcuni valori mobiliari e di vari beni immobiliari che concedeva in locazione.
La richiesta presentata alla commissione delle imposte
Per sapere se, riguardo all’esercizio fiscale 2007, fosse sempre assoggettata integralmente all’imposta sul reddito in Finlandia, la contribuente si è rivolta alla commissione centrale delle imposte. L’organo dell’Amministrazione tributaria finlandese, su richiesta di un contribuente, può emettere decisioni preliminari vincolanti in materia tributaria. La commissione ha ritenuto che il domicilio fiscale della signora fosse sempre situato in Finlandia (articolo 14 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità) e, dato che non svolgeva una propria attività professionale in Lussemburgo, era assoggettata integralmente all’imposta sul reddito.
Il ricorso al giudice nazionale
Non condividendo affatto la determinazione della commissione fiscale, la cittadina finlandese proponeva ricorso giurisdizionale. Secondo il tribunale una soluzione della controversia conforme al Protocollo avrebbe finito con l’assoggettare l’interessata a un trattamento fiscale sfavorevole a causa del suo trasferimento in Lussemburgo, in quanto sarebbe stata soggetta a un obbligo fiscale illimitato in Finlandia, mentre, in applicazione della normativa nazionale finlandese,  avrebbe potuto  giovarsi di un obbligo fiscale limitato in detto Stato a partire dall’esercizio fiscale 2007. Per tali ragioni, il giudice finlandese ha preferito sospendere il giudizio pendente per domandare alla Corte di giustizia europea se l’articolo 14 del Protocollo debba essere interpretato nel senso che il coniuge di una persona, che, per il solo motivo di entrare al servizio dell’Unione europea, stabilisca la propria residenza nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato membro del domicilio fiscale che possedeva prima di entrare al servizio dell’Unione, debba essere considerato fiscalmente residente in quest’ultimo Stato membro se non esercita una propria attività professionale.
La normativa comunitaria
L’articolo 14 del protocollo prevede che, ai fini dell’applicazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio, dei diritti di successione, e delle convenzioni concluse fra i Paesi membri delle Comunità per evitare le doppie imposizioni, i funzionari e altri agenti delle Comunità, i quali, in ragione esclusivamente dell’esercizio delle loro funzioni al servizio delle Comunità, stabiliscono la loro residenza sul territorio di un paese membro diverso dal Paese ove avevano il domicilio fiscale al momento dell’entrata in servizio presso le Comunità, sono considerati, sia nel paese di residenza che nel paese del domicilio fiscale, come tuttora domiciliati in quest’ultimo paese qualora esso sia membro delle Comunità. E tale disposizione, prosegue il medesimo articolo 14, si applica anche al coniuge, sempre che non eserciti una propria attività professionale, nonché ai figli e ai minori a carico delle persone indicate nel presente articolo e in loro custodia.
La normativa finlandese
Per ciò che concerne la normativa finlandese, l’articolo 9, n. 1, della legge relativa all’imposta sul reddito del 30 dicembre 1992 prevede che è assoggettata all’imposta ogni persona fisica o giuridica, comunità di scopo oppure successione ereditaria domiciliata o aperta in Finlandia durante l’esercizio fiscale considerato, per i redditi percepiti in Finlandia e all’estero nonchè ogni persona fisica che non abbia risieduto in Finlandia nel corso dell’esercizio fiscale considerato e ogni persona giuridica straniera per i redditi percepiti in Finlandia. Secondo la normativa vigente una persona fisica è considerata domiciliata in Finlandia se ha la propria residenza reale o se vi soggiorna in modo continuativo per più di sei mesi, mentre un’assenza temporanea non impedisce di presumere che il soggiorno sia continuativo. Tuttavia, si ritiene che un cittadino finlandese sia domiciliato in Finlandia anche se non ha soggiornato in modo continuativo per più di sei mesi, qualora non siano passati tre anni dalla fine dell’anno durante il quale egli ha lasciato il Paese, a meno che non dimostri di non avere un legame essenziale con la Finlandia durante l’esercizio fiscale considerato.
La posizione della Corte Ue 
Chiamati a pronunciarsi sulla questione, i magistrati europei hanno rilevato che, secondo l’articolo 14 del protocollo sui privilegi e sulle immunità, lo Stato membro di origine, in cui viene mantenuto il domicilio fiscale del funzionario o dell’agente, resta in via di principio competente a tassare tutti i redditi di tali persone, diversi dagli stipendi, dai salari e dagli emolumenti versati dall’Unione, e ad assoggettarli all’imposta sul reddito anche se non hanno il loro domicilio effettivo. La ripartizione delle competenze stabilita in tal modo dall’articolo 14 del protocollo, ha fatto notare la corte,  sarebbe messa in discussione solamente qualora il funzionario o l’agente avesse la libertà di scegliere dove stabilire il proprio domicilio fiscale. Ma considerato che così non è, e considerato soprattutto che, sempre secondo l’articolo 14, le disposizioni si applicano anche al coniuge del funzionario o dell’agente dell’Unione nell’ipotesi in cui il coniuge non svolga una propria attività professionale, nemmeno la determinazione del domicilio fiscale di quest’ultimo può dipendere dalla volontà dell’interessato. Ne consegue, dunque, che, in una fattispecie come quella della causa principale, lo Stato membro in cui era situato il domicilio fiscale della contribuente prima che il coniuge entrasse in servizio presso l’Unione conserva la competenza a tassare tutti i redditi della stessa diversi dagli stipendi, dai salari e dagli emolumenti versati dall’Unione, nei limiti in cui essa non svolga una propria attività professionale.
Le conclusioni
La corte ha precisato che la soluzione normativa non contrasta con il principio di parità di trattamento, poiché, come da giurisprudenza consolidata, non si può ritenere che, dal punto di vista fiscale, i funzionari e gli agenti dell’Unione, nonché i loro congiunti, purché questi ultimi non esercitino una propria attività professionale nello Stato membro ove il funzionario o l’agente svolge le proprie funzioni al servizio dell’Unione, si trovino nella medesima situazione di un lavoratore migrante che si stabilisce in uno Stato membro diverso dal suo Stato di origine.
Per quanto ora visto, i giudici di Lussemburgo hanno risolto la questione pregiudiziale posta alla loro attenzione, statuendo chiaramente che “l’articolo 14, primo comma, del Protocollo deve essere interpretato nel senso che il coniuge di una persona il quale, per il solo motivo che quest’ultima entra al servizio dell’Unione, stabilisca la propria residenza nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato membro del domicilio fiscale che possedeva nel momento in cui detta persona è entrata al servizio dell’Unione, va considerato tuttora fiscalmente domiciliato in quest’ultimo Stato membro se non esercita una propria attività professionale”.
Mauro Di Biasi
Fonte: Fisco Oggi

Commissione Ue: per le Pmi il sostegno in start up è opportuno

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Una politica di supporto anche di carattere fiscale assicura innovazione, occupazione e integrazione sociale e locale

Il trattato di Lisbona ha recepito le preoccupazioni dei piccoli imprenditori e il sentimento della Commissione europea di porre al cento del rilancio della competitività sui mercati le PMI.  Il tema continua ad essere di grande attualità in questo momento difficile dell’economia perché le piccole imprese sono le prime a risentire i cambiamenti del contesto economico e delle imperfezioni del mercato. I programmi comunitari per le imprese hanno, pertanto, mirato a garantire la sostenibilità della crescita di tale tipologia di operatori economici in considerazione della loro potenzialità propulsiva multitasking : una politica di sostegno alle Pmi equivale ad assicurare innovazione, occupazione e integrazione sociale e locale in Europa. Tale consapevolezza si deve tradurre, come in più occasioni ribadito dall’esecutivo europeo, prioritariamente nell’adattare i sistemi fiscali sì da incoraggiare, attraverso opportuni programmi incentivanti, le imprese in fase d’avviamento (le PMI hanno solitamente difficoltà ad ottenere capitali o crediti  all’inizio della fase di avvio in quanto nella maggior parte non sono in grado di fornire le garanzie richieste dai finanziatori tradizionali) e favorire l’espansione, perché produttive  di posti di lavoro. In tale ottica da qualche anno si applicano misure di sostegno anche alle università e ai centri di ricerca senza scopo di lucro per consentire di detenere una partecipazione finanziaria in una PMI) ma determinante è in questo periodo il miglioramento dell’accesso ai servizi finanziari attraverso la creazione di adeguate condizioni di accesso al credito e al capitale di rischio e, contestualmente,  l’accesso ai fondi strutturali
Le Pmi e la dinamica strutturale
Le microimprese, le piccole imprese e le medie imprese (PMI) svolgono un ruolo centrale nell’economia europea nell’ambito della quale sono rappresentate in misura pari al il 99% di tutte le imprese.  Per comprendere il ruolo delle Pmi è opportuna una riflessione sulla loro dinamica strutturale perché questa multimensionalità fa sì che la definizione, a un primo approccio semplice, abbia un perimetro applicativo non immediatamente comprensibile.
L’articolo 2 dell’allegato alla raccomandazione 2003/361/CE fa rientrare nella categoria delle microimprese,delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) comprende  imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
La proiezione sul mercato
Ma come si muovono nel mercato le Pmi? Può essere considerata una definizione valevole per tutte o nella qualificazione di Pmi bisogna tenere conto del diverso profilo strutturale degli operatori? In particolare la Pmi è la proiezione di una sola entità economica oppure tale identità può non essere scalfita in presenza di fenomeni associativi o collegati? Sono alcuni degli interrogativi a cui Fiscooggi tenterà di dare una risposta.
Attività economica e forma giuridica
L’impresa è ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. L’accezione ha un contenuto ampio che assume come fattore rilevante l’attività economica e non la forma giuridica. La definizione, dunque, fa sì che in essa siano ascrivibili i lavoratori autonomi, le imprese familiari, le partnership e le associazioni che esercitano regolarmente un’attività economica.
La maggior parte delle PMI sono autonome ma esistono anche PMI associate o collegate.
Le Pmi sono autonome se:
— sono totalmente indipendenti, senza alcuna partecipazione in altre imprese ;
— se detengono una partecipazione inferiore al 25% del capitale o dei diritti di voto (qualunque sia il più alto dei due) in una o più altre imprese e/o non vi sono soggetti esterni che detengono una quota del 25 % o più del capitale o dei diritti di voto (qualunque sia il più alto dei due) nella Pmi.
Il ruolo dell’autonomia
È possibile essere considerati autonomi anche se la soglia del 25% è raggiunta o superata da uno dei seguenti investitori:
• società pubbliche di partecipazione, società di capitale di rischio e «business angels» ;
• università o centri di ricerca senza scopo di lucro;
• investitori istituzionali, compresi i fondi di sviluppo regionale.
La Commissione europea non definisce gli investitori istituzionali. Rientra nella categoria chi negozia notevoli quantità di valori per conto di un grande numero di piccoli investitori individuali senza essere direttamente coinvolti nella gestione delle imprese in cui investe. Sono esempi di investitori istituzionali i fondi comuni d’investimento o i fondi pensione.
• autorità locali autonome aventi un bilancio annuale inferiore a 10 milioni di euro e meno di 5000 abitanti.
La condizione di autonomia viene preservata anche in caso di  presenza di uno o più degli investitori menzionati.Ognuno può avere una partecipazione non superiore al 50% nella Pmi ma non deve essere  collegato agli altri.
Microimprese, piccole imprese e imprese associate
La categoria delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese comprende imprese che impiegano meno di 250 persone e il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro. Le piccole imprese, in particolare, impiegano meno di 50 persone e raggiungono un fatturato annuo o totale di bilancio non superiore ai 10 milioni di euro. Le microimprese, invece,  impiegano meno di 10 persone hanno un fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 2 milioni di euro. Le Pmi operano in forma associata quando stabiliscono associazioni  economiche con altre imprese, in assenza di  controllo effettivo, diretto o indiretto, su altre. Nel merito l’impresa è associata se detiene una partecipazione uguale o superiore al 25 % del capitale o dei diritti di voto di un’altra impresa; non è collegata ad un’altra impresa. Ciò comporta, in particolare, che i diritti di voto in un’altra impresa (o viceversa) non debbono superare il 50%.
La definizione comunitaria di Pmi
Nella recente definizione di PMI adottata in sede Ue l’impresa non è una PMI se il 25 % o più del suo capitale o dei suoi diritti di voto è controllato direttamente o indirettamente da uno o più organismi collettivi pubblici o enti pubblici, a titolo individuale o congiuntamente. La ratio di  questa disposizione sta nella considerazione che la proprietà pubblica può offrire a queste imprese alcuni vantaggi, in particolare di carattere finanziario, sulle altre finanziate da capitali privati.
Il regime di collegamento
Le Pmi operano in regime di “collegamento” quando costituiscono un gruppo subordinato al  controllo diretto o indiretto della maggioranza dei diritti di voto di un’impresa da parte di un’altra ovvero  a un’influenza dominante su un’impresa. La fattispecie è numericamente poco esponenziale rispetto alle altre citate. Un esempio tipico di impresa collegata è la filiale controllata al 100 %. Due o più imprese sono collegate se esiste tra loro uno dei seguenti rapporti:
• un’impresa possiede la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci di un’altra impresa;
• un’impresa ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di
amministrazione, di direzione o di sorveglianza di un’altra impresa;
• un contratto tra imprese, o una disposizione nello statuto di un’impresa, conferisce ad una di esse il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra;
• un’impresa, in virtù di un accordo, è in grado di esercitare da sola il controllo sulla maggioranza
dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa.
Una precisazione, di natura strettamente fiscale, sul contenuto del fatturato può essere opportuna. Il fatturato non comprende l’imposta sul valore aggiunto (Iva) o altre imposte indirette e annualmente viene determinato calcolando il reddito che l’impresa ha ricavato durante l’anno di riferimento dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi, dopo il pagamento degli eventuali oneri.
Antonina Giordano
Fonte: Fisco Oggi

Ismea: alimentari, Gdo più prudente nelle aspettative di vendita

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L’indice di fiducia, pur rimanendo di segno positivo (3 il valore, in un campo di variazione compreso tra -100 e +100), ha subito una flessione di circa otto punti rispetto ai tre mesi precedenti e di oltre tre punti su base annua.

Prevale la cautela tra gli operatori della Grande distribuzione alimentare italiana, che nel secondo trimestre 2011 ridimensionano le aspettative di vendita nel breve periodo. È quanto emerge in sintesi dai giudizi raccolti presso 200 punti di vendita del canale moderno rilevati da Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, nell’ambito della consueta indagine trimestrale sul clima di fiducia. L’indice di fiducia, pur rimanendo di segno positivo (3 il valore, in un campo di variazione compreso tra -100 e +100), ha subito una flessione di circa otto punti rispetto ai tre mesi precedenti e di oltre tre punti su base annua. A pesare, come già segnalato, un deterioramento delle aspettative sul fatturato, che pur rimanendo in prevalenza positive hanno registrato un valore dell’indicatore inferiore sia rispetto al trimestre precedente che allo stesso periodo del 2010. Il consuntivo delle vendite è stato giudicato nel complesso in miglioramento su base trimestrale anche se, rivela ancora l’indagine, non ancora soddisfacente e inferiore allo scorso anno. Quanto alle scorte di magazzino – terza componente dell’indice – gli operatori hanno indicato un aumento delle giacenze rispetto al primo trimestre 2011, seppure inferiori alla media del periodo. Relativamente ai canali distributivi, la congiuntura del secondo trimestre è risultata migliore nei supermercati, anche se le dinamiche più favorevoli sia in termini congiunturali che tendenziali si rilevano negli ipermercati. Per i minimarket l’indice di fiducia resta negativo e in ulteriore flessione rispetto al trimestre scorso. A livello territoriale i risultati migliori sono appannaggio delle regioni del Centro Italia, che è anche l’unica area in cui l’indice segna una crescita sia trimestrale che annua. Negativo l’indicatore nel Nord Ovest. Ha inciso, infine, ancora in modo considerevole sull’andamento delle vendite la leva promozionale, che continua ad essere fortemente utilizzata (dal 99,5% del panel nel trimestre in esame). Le vendite in promozione hanno inciso sul fatturato complessivo per il 29,5%, quota analoga al trimestre precedente e inferiore di circa due punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2010. Intanto l’Ismea ha anche concluso l’indagine trimestrale sulla congiuntura delle imprese agricole. Con riferimento al secondo quarto dell’anno le attese appaiono complessivamente orientate in negativo, con gli allevamenti da carne e le aziende olivicole posizionati su giudizi peggiori rispetto alla media.

Fonte: www.aiol.it

Rovigo, al via una campagna contro la contraffazione e l’abusivismo commerciale

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‘Non acquistare prodotti contraffatti! Rischi la pelle e il portafogli’. E’ il messaggio della campagna contro la contraffazione e l’abusivismo commerciale che è stata avviata dalla prefettura di Rovigo con il comune di Rosolina, per la stagione balenare del 2011.
A cittadini e turisti viene proposto un messaggio di legalità che richiama l’attenzione sul fenomeno della concorrenza sleale, sottolineando che con il contributo di tutti si costituisce la ‘sicurezza partecipata’. In questo quadro il personale contributo alla lotta alla contraffazione e all’abusivismo è una difesa di valori che vanno dalla protezione dell’economia alla salute del consumatore ed alla tutela del made in Italy.
Il dato preponderante della comunicazione e della campagna di informazione poggia, non sul divieto generico, quanto su un preciso e rilevante aspetto di garanzia della sicurezza della persona, della società, della salute, mettendo in chiara evidenza i rischi connessi alla circolazione di prodotti di incerta provenienza.

Germania: crescita ferma. Europa al palo

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Il PIL della Germania è fermo: +0,1% nel secondo trimestre dell’anno rispetto al trimestre precedente. La crescita della prima economia dell’ Unione Europa è al palo e il dato riportato oggi dall’Ufficio di statistica federale delude ogni attesa: inferiore rispetto alle stime degli analisti. Il Pil della Germania riflette l’andamento della non-crescita a livello europeo. L’Europa non si muove. Secondo la stima flash resa nota dall’ Eurostat, il Pil d’ Europa è cresciuto di un modesto 0,2% nel secondo trimestre dell’anno in entrambe le aree – zona euro e Ue – , in calo dunque rispetto ai primi tre mesi dell’anno, quando aveva segnato un +0,8%. Deludono l’ Olanda, la prima economia d’ Europa, la cui crescita è quasi ferma – il Pil dei Paesi Bassi ha fatto registrare un +0,1% nel secondo trimestre inferiore al +0,3% stimato dagli analisti – e la Spagna, cresciuta solo dello 0,2% nel secondo trimestre dell’anno, dopo l’aumento dello 0,3% nei primi tre mesi dell’anno. Oggi il vertice tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy. Sul tavolo le eventuali misure aggiuntive da adottare per contenere la crisi del debito nella zona Euro.

Fonte: Nadia F. Poli

Studio Cataldi

De Nisi a Crotone e Zurlo a Vibo Valentia: le Province calabresi a rischio soppressione si mobilitano

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Il Presidente della Provincia di Vibo Valentia, Francesco De Nisi parteciperà al Consiglio provinciale di Crotone, dove si discuterà della soppressione delle Province con meno di 300mila abitanti prevista dalla manovra economica varata dal Governo. Venerdì 19 agosto, poi, sarà la volta del Consiglio provinciale di Vibo Valentia, al quale è stato invitato a partecipare anche il presidente di Crotone, Stano Zurlo.
Di seguito, la comunicazione ufficiale relativa alla convocazione dell’Assemblea:
«Si comunica che venerdì 19 agosto, nella Sala consiliare della Provincia di Vibo Valentia (Via C. Pavese), alle ore 9.00, si terrà la seduta del Consiglio provinciale convocato in sessione straordinaria e in adunanza aperta, con all’ordine del giorno la soppressione delle Province con meno di 300mila abitanti, prevista dal Decreto legge 138/2011. Vista la particolare rilevanza dell’argomento in discussione, si invitano ad intervenire i cittadini e tutte le rappresentanze politiche, istituzionali, sindacali e produttive del territorio».

Pensionamento anticipato per addetti lavori pesanti,le indicazioni del Ministero

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Con circolare n. 22 del 10 agosto 2011, la Direzione Generale per le Politiche Previdenziali e quella per l’Attività Ispettiva fornisce le prime indicazioni operative per l’accesso anticipato al pensionamento in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti indiviauati dal D.Lgs 67/2011. Il Dicastero, in attesa della definizione della disciplina sulle modalità attuative del provvedimento, ritiene necessario fornire indicazioni operative rivolte in particolare a coloro che sono tenuti a trasmettere la domanda di accesso al beneficio entro il 30 settembre 2011. La circolare specifica le categorie di lavoratori interessati, le condizioni per l’esercizio del diritto, la misura del beneficio, la documentazione necessaria, l’istruttoria delle domande, gli obblighi comunicazionali e l’attività di accertamento. Nello specifico il Ministero precisa che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, i lavoratori dipendenti interessati dal D.Lgs. 67/2011 conseguono il diritto al trattamento pensionistico con un’età anagrafica ridotta di tre anni ed una somma di età anagrafica e anzianità contributiva ridotta di tre unità rispetto ai requisiti previsti dalla tabella B di cui all’allegato 1 della L. n 247/2007. L’istruttoria delle domande verrà svolta dalla sede territorialmente competente dell’ente previdenziale presso il quale il lavoratore è iscritto.

Fonte: Studio Cataldi

Economia: cresce l’evasione fiscale nel 2011, + 13,1%

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Nel 2011 l’imponibile evaso in Italia è cresciuto del 13,1% con punte record nel nord dove ha raggiunto l’ 14,2%. In termini di imposte sottratte all’erario siamo nell’ordine del 51,1% pari a 180,3 miliardi di euro l’anno. La stima è stata effettuata da KRLS Network of Business Ethics per conto dell’Associazione Contribuenti Italiani.
Cinque sono le aree di evasione fiscale analizzate: l’economia sommersa, l’economia criminale, l’evasione delle società di capitali, l’evasione delle big company e quella dei lavoratori autonomi e piccole imprese.
La prima riguarda l’economia sommersa. L’esercito di lavoratori in nero si gonfia sempre di più è composto da circa 2,9 milioni di persone, molti dei quali cinesi o extracomunitari. In tale categoria sono stati ricompresi anche 850.000 sono lavoratori dipendenti che fanno i l secondo o il terzo lavoro. Si stima un’evasione d’imposta pari a 34,3 MLD di euro.
La seconda è l’economia criminale realizzata dalle grandi organizzazioni mafiose italiane e straniere (Russia e Cina in testa) che, nel nord Italia è cresciuta nel 2011 del 18,7%. Si stima che il giro di affari non “contabilizzati” produca un’evasione d’imposta pari a 78,2 MLD di euro l’anno.
La terza area è quella composta dalle società di capitali, escluso le grandi imprese. Dall’incrocio dei dati è emerso che l’ 78% circa delle società di capitali italiane dichiara redditi negativi o meno di 10 mila euro o non versa le imposte. Molte di queste chiudono nel giro di 5 anni per evitare accertamenti fiscali o utilizzano “teste di legno” tra i soci o amministratori. In pratica su un totale di circa 800.000 società di capitali operative, l’ 81% non versa le imposte dovute. Si stima un’evasione fiscale attorno ai 22,4 MLD di euro l’anno.

Rimborso Irap. L’onere della prova sempre in capo a chi lo richiede

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Spetta al contribuente dare la dimostrazione dell’assenza delle condizioni per l’applicazione dell’imposta, quale il requisito dell’autonoma organizzazione.

Il principio in base al quale non sono soggetti a Irap i redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio delle attività già contemplate dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 2, sta solo a significare che non è soggetto a Irap la parte di ricavo netto risultante dall’esercizio di quella attività (nella specie, prevalentemente quella di sindaco nei collegi sindacali). Costituisce tuttavia onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle condizioni per l’applicazione dell’imposta, quale il requisito dell’autonoma organizzazione (cfr. Cass. n. 12111/2009). Si espone quindi a censura la sentenza che affermi l’inesistenza delle condizioni di assoggettamento a IRAP, valorizzando il prevalente svolgimento di attività sindacale e la presunta non contestazione, da parte dell’amministrazione, della esistenza di una struttura organizzata, laddove, invece, come emerge dalla trascrizione del corrispondente atto difensivo, l’amministrazione aveva addotto l’esatto contrario. In relazione a siffatta specifica linea di difesa, trattandosi di istanza di rimborso, assume invece rilievo decisivo l’assenza di prova, da parte del contribuente, della inesistenza del requisito organizzativo.

Usa, tra repubblicani e democratici vacanza no relax, complice il fisco

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Ad accendere lo scontro tra i rappresentanti dei due partiti le tasse sui trasporti aerei e sui servizi collegati

Disaccordo pieno, persino sugli aerei che, a breve, condurranno decine di senatori, e di rappresentanti, nelle mete dove trascorreranno le rispettive vacanze. Ad accendere l’ennesimo disaccordo, anzi, lo scontro aperto, sono stati il lungo elenco di balzelli fiscali, a cominciare dalla ticket tax, la cui aliquota è ferma al 7.5% del prezzo del biglietto, la segment tax, pari a 3,7 dollari per singolo passeggero, la speciale tassa sui servizi erogati, 4,5 dollari, e in coda i 2,5 dollari che servono a finanziare un fondo per assicurare i viaggiatori in caso di danno. Nel complesso, il 15% della somma sborsata da chi acquista un biglietto aereo è poi girato, almeno dovrebbe, dalle compagnie aeree al fisco federale. Ora però, da diversi mesi, anche il capitolo tasse sulle ali, e sui jet a propulsione, è stato riaperto. Il primo di questi balzelli, infatti, doveva raggiungere il suo termine massimo il 22 luglio. In realtà, proprio in coincidenza con il suo rinnovo, è scattato lo scontro che ha condotto all’empasse fiscale in materia.
Stop alle tasse e ai sussidi, parola di repubblicano – In pratica, il nuovo Congresso a maggioranza repubblicana, prima ha bloccato il rinnovo, quindi in una mossa eccessivamente irrituale ha posto un veto all’”ok” per i sussidi diretti sia al finanziamento dei servizi aerei Eas, di cui beneficiano anche le compagnie, sia ai fondi per l’Amministrazione federale aerea (Faa). Risultato, 4mila operatori, tecnici e lavoratori dell’Amministrazione sono stati subito immessi nei dipendenti di ruolo da licenziare. L’effetto della decisione repubblicana, di associare una norma taglia sussidi pubblici a un provvedimento taglia tasse s’è così rivelata un boomerang fiscale senza precedenti, soprattutto nel settore aereo, per definizione impermeabile alle crisi, negli Usa.
La Casa Bianca in campo: “Si cambia” – Il massimo dello scontro s’è materializzato nell’istante stesso in cui la Casa Bianca, nella persona del Presidente Obama, ha deciso di intervenire per rimediare all’empasse e ricondurre il sistema aereo statunitense in linea con le aspettative estive e vacanziere. Innanzitutto, i fondi necessari all’Amministrazione federale aerea resteranno in vigore fino al 16 settembre, quando si tornerà a decidere sul loro futuro. In secondo luogo, i sussidi di cui beneficiano, in forma di sconti e rimborsi, i viaggiatori che devono spostarsi da luoghi remoti per raggiungere con difficoltà gli aeroporti di riferimento saranno cancellati, ma soltanto per alcune zone aeroportuali, mentre sarà imposto un limite per le altre. In altre parole, le diverse comunità beneficeranno dei sussidi soltanto se localizzate a distanza superiore delle 90 miglia dal luogo d’imbarco. Problema risolto? No.
La Camera dice “Sì” al Presidente Usa, il Senato risponde “No” – L’ennesimo stallo è scattato all’indomani del secco “No” del Senato, a maggioranza repubblicana, rispetto alla soluzione del Presidente vagliata e passata dalla Camera. In pratica, la Camera alta del Congresso non accetta l’estensione dei sussidi, con l’effetto di prolungare le ansie di 4 mila dipendenti pubblici che già si sentono ex, e, di conseguenza, neo-disoccupati. In più, le compagnie aeree stanno continuando a riscuotere la ticket tax, nonostante non sia stata prolungata, ma nemmeno cancellata, consegnando i proventi ai loro bilanci, non al Fisco federale. Uno stop che ha spinto Obama a un secondo intervento sul tema, stavolta piuttosto severo nei confronti dei senatori, richiamati a porre fine alla questione. Fino a ora il richiamo è parso non aver sortito effetto alcuno. Dunque, vacanze a prezzi normali per i passeggeri e niente relax fiscale per i senatori artefici dello scontro e per i 4mila lavoratori dell’Amministrazione aerea.
Stefano Latini
Fisco Oggi