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Ecoincentivi auto, concessionari perplessi e preoccupati

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L’assenza di ecoincentivi auto per l’anno 2010 rischia di creare danni superiori ai benefici generati dagli ecoincentivi in vigore e messi a punto lo scorso anno. Al riguardo, infatti, Filippo Pavan Bernacchi, Presidente della Federaicpa, la Federazione che rappresenta e tutela gli interessi dei concessionari auto, ha fatto presente come la politica dei bonus statali sia stata mal gestita, e come il calo degli ordini di queste ultime settimane, con un -50%, mettano a rischio ben 15 mila posti di lavoro.

Il Presidente della Federazione, quindi, porta all’attenzione il fatto che i rischi occupazionali nel comparto sono dieci volte più elevati rispetto a vertenze come quella di Termini Imerese. Filippo Pavan Bernacchi, intervenendo presso la decima Commissione del Senato sul tema sia degli incentivi, sia della normativa europea, ha manifestato tutta la propria perplessità anche in merito all’attuale orientamento della Commissione UE sulla legislazione che riguarda la vendita degli autoveicoli ed i servizi di assistenza.

A rischiare di perdere il lavoro non sono solamente i concessionari, che tra l’altro non hanno tutele come ad esempio gli ammortizzatori sociali, ma anche i dipendenti dei saloni che vendono le autovetture; a generare ulteriori ricadute negative sul comparto, inoltre, sarebbe anche il nuovo indirizzo comunitario che inasprirebbe e non poco i problemi tra i costruttori ed i concessionari.

Di conseguenza, il Presidente Filippo Pavan Bernacchi, in accordo con quanto riporta la Confcommercio, ha apertamente chiesto sia una nuova audizione in Senato, sia l’apertura di un tavolo di lavoro settoriale permanente al fine di poter illustrare le difficoltà dei concessionari del nostro Paese che contribuiscono alla formazione del 6% del prodotto interno lordo, ma che nello stesso tempo sono schiacciati da una fiscalità giudicata palesemente iniqua.

Fonte: www.vostrisoldi.it

Rendimenti al 4% per il nuovo bond di RBS

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L’offerta dei bond di Royal Bank of Scotland, Rbs, di cui il Governo Britannico è l’azionista di maggioranza, si arricchisce di altri due nuovi strumenti. Da venerdì 26 febbraio saranno quotate sul Mot, il mercato obbligazionario dei titoli di Borsa Italiana, due nuove obbligazioni, Royal 4% e Royal 6 anni variabile. Grazie a queste due nuove emissioni, sale a 17 il numero delle obbligazioni Royal quotate sul mercato dei bond di Piazza Affari. Royal 4% (codice di identificazione Isin: NL0009354505), è una obbligazione a tasso fisso, verrà rimborsata il 22 febbraio del 2016, quindi ha durata di 6 anni e nell’arco di questo periodo offrirà una cedola del 4% fissa lorda annua.

Invece Royal 6 anni (codice di identificazione Isin: NL0009354513), offre una cedola che varia a seconda del tasso Euribor a 6 mesi a cui è indicizzata. A questo poi va aggiunto uno spread, dell’1,1%. La cedola è distribuita semestralmente quindi ogni 6 mesi paga il tasso Euribor a 6 mesi a cui va aggiunto un premio dell’1,1%. Anche in questo caso la durata è 6 anni e il titolo sarà rimborsato il 22 febbraio del 2016.

Le due obbligazioni hanno caratteristiche molto diverse per andare a soddisfare varie esigenze di risparmio. Royal 4% è una soluzione per chi cerca un investimento di medio termine, ovvero a 6 anni con un ottimo rendimento garantito rispetto all’attuale livello dei tassi. La cedola fissa corrisponde a un premio di circa l’1,2% rispetto all’Irs, il tasso fisso di riferimento di pari durata.
Royal 6 anni variabile è un’obbligazione con cedole semestrali è stata pensata per gli investitori che prediligono il basso rischio e rendimenti variabili a fronte di una visione di tassi di interesse in ripresa.
Fonte: www.vostrisoldi.it

Irpef: Federconsumatori propone aliquota al 95%

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Sia per ragioni di incostituzionalità, sia perché si sarebbe andati contro la libertà di impresa ed il libero mercato, la Camera dei Deputati, in linea con le attese, ha eliminato l’imposizione di un tetto ai guadagni dei manager. La norma era in particolare passata al Senato dopo l’approvazione di un emendamento presentato dal senatore on. Elio Lannutti che, tra l’altro, è anche Presidente dell’Adusbef. Al senatore Lannutti, da anni autentico paladino del risparmio a tutela degli utenti bancari, nelle scorse settimane, lo ricordiamo, è stata comminata una multa da parte della Consob, giudicata dai più paradossale, sulla base di manipolazioni del mercato sulle azioni Unicredit per effetto di alcune dichiarazioni.

Intanto, la Federconsumatori non ha accolto di certo con favore l’annullamento della norma sul tetto dei compensi ai manager, ma “rilancia” formulando una proposta alternativa, che riguarda in particolare le aliquote Irpef. L’Associazione dei consumatori, infatti, ritiene che si debba fare qualcosa per colmare gli squilibri tra chi in Italia guadagna svariati milioni di euro, e chi al mese a casa ne porta a mala pena 800.

L’idea è quella di introdurre una nuova aliquota, al 95%, sulla quota di reddito eccedente i 350 mila euro all’anno. 350 mila euro all’anno fanno quasi 30 mila euro al mese, ragion per cui per la Federconsumatori trattasi di una cifra sufficiente, pure troppo, per condurre una vita più che dignitosa. Secondo l’Associazione l’aliquota Irpef al 95%, che potrebbe anche essere portata al 90% in caso di dure contestazioni, dovrebbe restare in vigore per un periodo di imposta pari a due anni.

In questo modo, per la durata di due anni di imposta, chi è ricco potrebbe dare il proprio contribuito di solidarietà per agevolare il Paese nell’uscita dalla crisi. Inoltre, per aiutare chi soffre, la Federconsumatori è tornata a ribadire la necessità non solo di abbassare i prezzi e le tariffe, ma anche di detassare i redditi fissi in modo tale da far riguadagnare alle famiglie il potere d’acquisto perso in questi anni.

Fonte: www.vostrisoldi.it

Bond Enel tasso fisso e variabile, ecco i rendimenti

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C’è stato un vero e proprio boom di richieste per i Bond Enel destinati al pubblico dei risparmiatori italiani ed europei. Di fronte ai 3 miliardi di euro offerti, infatti, la domanda è stata pari a 14,66 miliardi di euro, ovverosia 4,9 volte il quantitativo offerto; a darne notizia è il colosso elettrico italiano che, inoltre, ha reso noti anche i rendimenti offerti dai due tipi di obbligazioni, quelle a tasso fisso e quelle a tasso variabile. Per i Bond Enel a tasso fisso il rendimento annuo lordo effettivo è pari al 3,52%, mentre per i Bond a tasso variabile la cedola è data dall’euribor a sei mesi più lo spread fissato a 73 punti base.
L’offerta pubblica paneuropea dei Bond Enel risulta così suddivisa: 2 miliardi di euro rappresentano l’ammontare complessivo delle obbligazioni a tasso fisso, che nello specifico sono state assegnate a 251.417 investitori, mentre a 123.079 investitori sono stati assegnati i Bond a tasso variabile per un ammontare complessivo pari ad 1 miliardo di euro.

Il prezzo di emissione del Bond a tasso fisso Enel TF 2010-2016 è stato pari al 99,89% del valore nominale a fronte di un rendimento annuo lordo facciale pari al 3,50%, ed effettivo al 3,52%. Il pagamento della cedola per i Bond a tasso fisso è a cadenza annuale ed in via posticipata.

Il prezzo di emissione del Bond a tasso variabile Enel TV 2010-2016 è pari al 100,00% del valore nominale a fronte di un rendimento lordo facciale all’1,693% per quel che riguarda il pagamento della prima cedola semestrale, fissato per il 26 agosto del 2010. Per quel che riguarda l’offerta a favore dei risparmiatori di Belgio, Germania, Francia e Lussemburgo, Enel ha fatto presente come la forte domanda da parte dei risparmiatori italiani, che ha comportato la chiusura anticipata dell’Offerta, non ha permesso agli investitori retail esteri di aderire con ordini più rilevanti rispetto a quelli pervenuti.

Fonte: www.vostrisoldi.it

Pubblicizzare il made in Italy rende. Il modello per il credito d’imposta

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Possono usufruirne le imprese che promuovono la bontà e la qualità dei beni nostrani nel resto del mondo
Possono partire le richieste per accedere al credito d’imposta a favore delle imprese che promuovono i prodotti agroalimentari made in Italy all’estero. L’ultima parola sulle modalità operative da seguire per l’invio delle domande spettava, infatti, al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali che, con il decreto del 4 febbraio, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio, stabilisce termini, modalità di presentazione e approva il modello da utilizzare.

È al Mipaaf, appunto (decreto 24 luglio 2009 del ministero dell’Economia e delle Finanze), che devono essere inoltrate le richieste e sarà sempre il Mipaaf che le esaminerà, seguendo l’ordine cronologico di presentazione e risponderà, entro 60 giorni, comunicando il riconoscimento del contributo o, viceversa, il diniego per mancanza dei requisiti o per esaurimento dei fondi stanziati ad hoc.

Il bonus è stato introdotto dalla Finanziaria 2007 (articolo 1, commi da 1088 a 1090, legge 296/2006) per incentivare le imprese a promuovere l’acquisto di determinati prodotti agricoli italiani di qualità nel resto del mondo, Stati membri o Paesi terzi che siano.

La campagna pubblicitaria non deve riguardare le aziende o marchi specifici, ma a comparire su cartelloni, in spot televisivi, stand, fiere o ricette di cucina, devono essere pesci, uova, legumi e ortaggi prodotti dall’impresa che chiede il contributo e indicati nell’allegato I del Trattato istitutivo della Comunità europea.

L’agevolazione spetta, anche, alle piccole e medie imprese se costituite in forma cooperativa riunite in consorzi, e alle aziende, diverse dalle piccole e medie, anche organizzate in cooperative agricole, che producono, in entrambi i casi, beni non inclusi nel suddetto allegato, ma pubblicizzano il made in Italy secondo quanto previsto dalla norma.

Il credito, del quale si può usufruire soltanto in compensazione (articolo 17 del Dlgs 241/1997), deve essere indicato, a pena di decadenza, sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è concesso sia in quelle relative ai periodi in cui viene utilizzato.

Il modello da utilizzare è disponibile, in formato elettronico, sul sito del ministero delle Politiche agricole e va inoltrato, si precisa nel decreto, anche per via telematica all’indirizzo saco11@politicheagricole.gov.it.
Novanta giorni di tempo a partire da oggi per inviare la domanda.
Anna Maria Badiali

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/pubblicizzare-il-made-itay-rende-il-modello-il-credito-dimposta

Benefici Irpef in Unico 2010 per chi arreda la casa ristrutturata

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Agevolato con una detrazione del 20% l’acquisto di mobili, apparecchi TV, computer ed elettrodomestici
La principale novità presente nel quadro RP del modello Unico Persone fisiche 2010, destinato all’indicazione degli oneri e delle spese, sostenute nell’anno 2009, da portare in detrazione o in deduzione, è rappresentata dal cosiddetto “bonus arredi”, una nuova detrazione riguardante le spese sostenute per l’arredo degli immobili oggetto di ristrutturazione.
Bonus arredi
La detrazione d’imposta ammonta al 20% delle spese sostenute dal 7 febbraio al 31 dicembre 2009, per l’acquisto di mobili, apparecchi televisivi, computer ed elettrodomestici di classe energetica non inferiore ad A+, finalizzati all’arredo di immobili ristrutturati. La detrazione va suddivisa in cinque rate annuali di pari importo ed è calcolata su una spesa massima complessiva non superiore a 10mila euro1.
Per poterne beneficiare, è necessario che il contribuente, a partire dal 1° luglio 2008, abbia sostenuto spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio su singole unità immobiliari residenziali per le quali fruisce della detrazione del 36%. Sono esclusi gli interventi di ristrutturazione che hanno a oggetto parti comuni degli edifici o sono relativi alla manutenzione ordinaria di singole unità immobiliari o alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali2. Inoltre, l’agevolazione non può essere fruita nel caso di spese sostenute per l’arredo dell’unità abitativa acquistata dall’impresa costruttrice che ha provveduto alla ristrutturazione dell’immobile.
Il contribuente, per avvalersi dell’agevolazione, deve avere eseguito tutti gli adempimenti preliminari necessari alla fruizione della detrazione per le ristrutturazioni edilizie3. In particolare, deve aver inviato l’apposita comunicazione al Centro operativo di Pescara, anche in data anteriore al 1° luglio 2008, indicando nel riquadro riservato ai “Dati relativi ai lavori di ristrutturazione” la data del 1° luglio 2008 o una data successiva.
L’importo massimo di spesa su cui calcolare la detrazione (10mila euro) va riferito alla singola unità immobiliare oggetto di ristrutturazione, a prescindere dal numero di contribuenti che partecipano alla spesa. Se però il contribuente esegue lavori di ristrutturazione su più unità abitative, può fruire del beneficio con riferimento a ciascuna unità e l’importo massimo si intende riferito a ciascuna di esse.
Il pagamento dei beni finalizzati all’arredo dell’immobile ristrutturato deve avvenire con le stesse modalità che danno diritto alla detrazione d’imposta del 36%, dunque mediante bonifico bancario o postale da cui risultino la causale del versamento, il codice fiscale del soggetto che paga e il codice fiscale o il numero di partita Iva del beneficiario.
La detrazione riguarda le spese sostenute per l’acquisto di mobili, elettrodomestici di classe energetica non inferiore ad A+, apparecchi televisivi e computer. Dalla categoria degli elettrodomestici sono esclusi i frigoriferi, i congelatori e le loro combinazioni, in quanto, per gli stessi, il contribuente può fruire della detrazione del 20% prevista per la loro sostituzione (colonna 1 del rigo RP43); tuttavia, la spesa sostenuta per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni non deve essere considerata nel limite di 10mila euro previsto per l’acquisto degli arredi destinati all’immobile ristrutturato (le due agevolazioni sono, pertanto, cumulabili).
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/benefici-irpef-unico-2010-chi-arreda-la-casa-ristrutturata

Finanziaria: Ricorsi alla Consulta da Toscana e Sicilia

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La Regione Toscana ricorre contro il governo ed impugna davanti alla Corte Costituzionale tre disposizioni della Finanziaria 2010 approvata dal Parlamento alla fine dell’anno scorso. Lo ha deciso il 23 febbraio la giunta, che ha già dato mandato in tal senso all’avvocatura. In particolare ”la Toscana contesta al governo tre invasioni di campo: sulla soppressione del difensore civico e dei consorzi tra enti locali, sulle varianti urbanistiche di beni immobili degli enti pubblici alienati, dove non sarebbero piu’ necessarie verifiche di conformità rispetto ai piani provinciali e regionali, e sul miliardo di euro per rimuovere le situazioni di maggior rischio idrogeologico nella penisola che il governo potra’ utilizzare senza neppure consultare le Regioni”.
“La Finanziaria 2010 – spiega la Regione – ha ridotto i trasferimenti agli enti locali, obbligandoli, per ridurre le spese, a tagliare consiglieri comunali, assessori, consigli di circoscrizione e direttori generali nelle citta’ piu’ grandi, ma anche la figura del difensore civico e i consorzi tra enti locali. La Regione ha impugnato proprio questi ultimi due commi (art. 2, c. 186 lett. a ed e), su interessamento anche del Consiglio delle autonomie locali. La Costituzione – prosegue il comunicato – assegna infatti allo Stato solo la competenza sulla legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta’ metropolitana. Sul resto, ricorda l’assessore al rapporto con gli enti locali, Agostino Fragai, è competente la Regione. Tra l’altro i consorzi sono un’articolazione importante nell’organizzazione dei servizi decisi in Toscana, in piu’ settori”.
Il secondo dispositivo della Finanziaria su cui la Regione ha fatto ricorso riguarda la disciplina delle procedure di alienazione dei beni immobili degli enti pubblici, stabilendo che l’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica. Di questi immobili i consigli comunali possono decidere una diversa destinazione urbanistica. ”La Regione – aggiunge il comunicato – contesta che questo possa avvenire, come e’ scritto in Finanziaria, senza il bisogno di verificare la conformita’ rispetto agli atti di pianificazione delle Province e delle Regioni. In materia di governo del territorio la competenza e’ infatti regionale”. Tra l’altro la stessa disposizione era stata impugnata dalla Toscana un anno fa e la Corte Costituzione le aveva dato ragione. Per affrontare le situazioni a piu’ elevato rischio idrogeologico il Cipe ha stanziato a novembre 1 miliardo. La contestazione della Regione Toscana riguarda il fatto che nell’individuazione degli interventi da mettere in campo e delle situazioni a rischio piu’ elevato non e’ previsto alcun coinvolgimento delle Regioni.
Pieno appoggio alla Regione Toscana da parte di Uncem nazionale ”In piu’ occasioni – ha detto il Presidente dell’Uncem Enrico Borghi – abbiamo denunciato l’invasione di campo della Finanziaria nelle competenze regionali, prima fra tutte quella in materia di montagna, e per questo ci siamo appellati alle Regioni perche’ presentino ricorso contro le ingerenze centraliste. In questo caso, con particolare riguardo ad una questione come il riassetto idrogeologico, per la quale anziche’ investire sugli enti locali della montagna, si immaginano commissari statali e osservatori ministeriali che rischiano piuttosto di sclerotizzare il sistema”.
Anche la giunta regionale siciliana presieduta da Raffaele Lombardo ha deciso di sollevare conflitto innanzi la Corte Costituzionale ma sugli articoli 229 e 230 della legge finanziaria dello Stato, che prevedono la riapertura dei termini per la determinazione dei valori di acquisto delle partecipazioni e dei terreni edificabili e di quelli con destinazione agricola ed il conferimento delle maggiori entrate derivanti da questa riapertura di termini ad un fondo statale.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-02-25&newsletter_numero=1525#art5#art5

Bresso: Aiuti UE rispondano ad esigenze Regioni

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La neoeletta Presidente del Comitato delle regioni Mercedes Bresso ha raccomandato di non trasformare la politica europea di coesione in un mero strumento di attuazione della nuova strategia europea per il 2020 in materia di crescita e di occupazione. Rivolgendosi agli alti organi decisionali dell’UE e ai ministri degli Stati membri responsabili della Politica regionale, presenti alla riunione informale di Saragozza (Spagna), la Presidente Bresso ha insistito affinché gli aiuti regionali dell’UE rispondano innanzi tutto alle esigenze delle regioni e delle città europee.
Su invito della presidenza spagnola dell’UE, i ministri degli Stati membri responsabili della Politica regionale, il neo commissario europeo alla Politica regionale Johannes Hahn, la presidente della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo Danuta Hübner e la Presidente del Comitato delle regioni Mercedes Bresso hanno discusso del futuro della politica di coesione in un contesto economico e politico in evoluzione.
In vista del dibattito sulla strategia dell’UE per il 2020, che sostituisce la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, la Presidente del CdR Bresso ha sottolineato che la politica di coesione può indubbiamente dare un contributo a questa strategia, ma non deve essere assorbita al suo interno. Per poter garantire risultati concreti sul piano locale, i fondi e i programmi di cooperazione esistenti non possono essere trasformati in strumenti di attuazione di obiettivi fissati a livello centrale. “Il Comitato delle regioni insiste sulla distinzione che occorre tracciare tra la politica di coesione, che è, ai sensi del Trattato, una politica di sviluppo dell’Unione europea, e la strategia dell’UE per il 2020. La politica di coesione non deve essere considerata un mero strumento al servizio della strategia dell’UE per il 2020. Per riflettere il suo valore politico, sarebbe opportuno dare vita ad un Consiglio formale dei ministri della Politica regionale”.
Mercedes Bresso, Presidente della regione Piemonte (Italia), eletta la scorsa settimana alla massima carica del CdR, ha ribadito che la politica di coesione “è volta a ridurre le disparità in quanto consente alle regioni di sfruttare tutte le loro potenzialità e di fare pieno uso delle loro risorse umane, economiche e naturali. Basata su partenariati e su una programmazione a medio termine, la politica di coesione è concepita in modo sufficientemente flessibile per rispondere alle varie sfide e tenere conto dei contesti in costante evoluzione cui devono far fronte le regioni europee”.
La Presidente Bresso ha inoltre sottolineato che l’aver messo fuori gioco gli attori regionali e locali è stato uno dei motivi principali per i quali l’UE non è finora riuscita a realizzare gli obiettivi di Lisbona. “La strategia di Lisbona si è rivelata estremamente deludente, e una delle ragioni evidenti di questo insuccesso è stata lo scarso coinvolgimento degli attori istituzionali, economici e sociali sul terreno. Questo messaggio non è stato recepito, al punto che la strategia dell’UE per il 2020 riconosce a malapena il nostro ruolo di partner. Ma in realtà noi siamo ben più che partner: noi siamo i cardini di questa strategia”.
Per quanto concerne la necessità di semplificare le norme di applicazione dei programmi regionali onde poter fronteggiare l’attuale crisi economica, la Presidente Bresso ribadisce l’impegno costante del CdR a favore di una riduzione della burocrazia: “A tale proposito, in tempi di crisi desidero sottolineare che non si tratta solo di una sfida amministrativa o contabile: è in gioco la sopravvivenza stessa di alcune regioni, delle imprese costrette ad attuare misure di ristrutturazione e, naturalmente, dei cittadini che vivono e lavorano in quelle regioni”.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-02-25&newsletter_numero=1525#art5#art5

Isae: dati economici e fiducia imprese manifatturiere

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Cresce a febbraio la fiducia delle imprese manifatturiere. L’indice Isae sale a 84 (da 83,2) registrando il quinto rialzo consecutivo e attestandosi sui massimi dal giugno 2008. L’indice Isae registra il quinto rialzo consecutivo e si attesta sui massimi dal giugno 2008.
Il recupero della fiducia non e’ pero’ questo mese diffuso a tutti i settori produttivi: l’indice sale nei beni intermedi, dove recupera oltre due punti passando da 80,4 a 82,9; la fiducia continua invece a calare nei beni d’investimento e di consumo, con indici rispettivamente pari a 78,9 (da 79,1) e a 87,4 (da 88,9). Differenze emergono anche a livello territoriale: la fiducia passa da 82,6 a 83,8 nel Nord Ovest e da 80,3 a 81,7 nel Nord Est; l’indicatore scende invece da 86,1 a 85,2 al Centro e da 86,7 a 85,2 nel Mezzogiorno.
Nelle rilevazioni, migliorano sia i giudizi sullo stato attuale del portafoglio ordini sia soprattutto le attese di produzione; tornano ad accumularsi le scorte di magazzino, che restano comunque al di sotto dei valori considerati normali.
Infine la Banca centrale europea comunica che i prestiti alle famiglie e alle imprese di Eurolandia hanno segnato un calo dello 0,6% il mese scorso, mentre l’offerta di moneta misurata dall’aggregato M3 e’ aumentata dello 0,1% tendenziale.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-02-25&newsletter_numero=1525#art5#art5

Consulta: ”qualcosa di patologico” in aumento ricorsi

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Il presidente della Corte Costituzionale, Francesco Amirante, nella relazione sulla giurisprudenza costituzionale dell’anno scorso ha sottolineato in particolare i rapporti di contenzioso tra Stato e Regioni.
Amirante ha dichiarato che c’e’ un ”qualcosa di patologico” nel perdurante dell’alto numero dei ricorsi in via principale, vale a dire quelli che lo Stato compie contro leggi di Regioni e Province autonome o di queste contro leggi statali. I ricorsi in via principale alla Consulta sono stati nel 2009 110, un numero molto vicino a quello massimo di 116 raggiunto nel 2004, a fronte della inflessione che era stata registrata nel 2007 (52 ricorsi). ”Non credo – afferma Amirante – che i cittadini ritengano normale e proficua la frequenza delle controversie tra Stato e Regioni e il continuo intervento della Corte per definire i confini delle loro rispettive competenze legislative”.
L’aspetto patologico “si accentua con riguardo ad alcuni profili del sistema nel quale viene ad inserirsi”.
Per quanto riguarda le impugnazioni contro i provvedimenti legislativi dello Stato, “e’ diventato sempre piu’ frequente il ricorso all’Istituto della delega legislativa: Istituto antico, la cui utilizzazione e’ in alcuni casi necessaria, specie quando si tratta di testi unici coordinati relativi a materie caratterizzate da un alto tasso di tecnicismo. Cio’ che e’ relativamente recente, ma comunque precedente a legislatura in corso, e’ l’intensificarsi della prassi di prevedere decreti correttivi, da emettere in un tempo decorrente dall’entrata in vigore dei primi decreti, attuativi della delega”.
A questi ultimi, quindi, viene attribuito sin dall’inizio un ”carattere di provvisorieta”’. Ma, nonostante cio’, i decreti legislativi sono impugnabili davanti alla Corte costituzionale entro 60 giorni dalle Regioni e, a seguire, il presidente della Corte dovra’ fissare entro i successivi 90 giorni dal deposito la discussione dei ricorsi. ”Tutto cio’ – rileva Amirante – prima che sia decorso il termine per l’eventuale emanazione dei decreti legislativi, correttivi dei primi, emessi in virtu’ della stessa delega”.
Il provvedimento correttivo, poi, e’ frequente e richiede un nuovo esame della situazione. ”Tutto cio’ – aggiunge il presidente della Consulta – spiega la frequenza, soltanto dopo tali tortuosi percorsi, di pronunce da parte della Corte di cassazione della materia del contendere o di estinzione del giudizio per espressa rinuncia al ricorso”: nel 2009 i casi di cessazione della materia del contendere sono stati 39 mentre quelli di estinzione del giudizio per rinuncia 12.
“Tale sistema – denuncia Amirante – provoca disfunzioni, ritardi e complessivi sprechi, che non sono in grado di quantificare, ma certamente di notevole entità”. Il presidente della Corte ritiene dunque ”opportuno segnalare, in spirito di collaborazione, una situazione sulla quale possono intervenire le istituzioni che ne hanno il potere”.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-02-25&newsletter_numero=1525#art5#art5